76 legni, a tradimento se ne impossessò, e tutti gli uomini furono inessi in ferri. U-dita l'infausta notizia nel l 171, i veneziani allestirono in 100 giorni una flotta di 100 navi di vario genere, che comandata dal doge si diresse subito verso la Dalmazia. Traù e Ragusa furono quasi interamente distrutte (Il eli. Luigi Sforzosi pubblicò nel 1.15 dell’Album di Roma una bellissima biografia di questo doge, e fra le altre cose narra, che nell'invasione della Dalmazia vi ebbe parte Stefano III re d'Ungheria suocero del di lui figlio; e cbe Ancona essendo allora sotto la protezione d’Emanuele, si dichiarò rivale di Venezia nel commercio dell'Adriatico, ed aizzata da tale imperatore allettò, riguardo a Venezia, un orgoglio intollerabile. Ma il doge attaccate le galere anconitane, dopo lungo e ostinato conflitto alcune ne prese, altre sommerse, altre costrinse alla fuga; onde per lungo tempo non più osarono gli anconitani alzar la fronte contro la repubblica. Dice di più, che il doge essendo allealo di Guglielmo II, a difesad Alessandro 111 e di tutta Italia, contro Federico I, non poteva aderire alle brame d'E-■nanuele). Passò la fluita nell’Arcipelago, e Negroponle cedette senza fare resistenza. Il governatore greco di questa città temendo maggiori disastri, persuase i veneti a mandar ambasciatori a Costantinopoli onde udire quali fossero ('intenzioni dell'imperatore. Essi furono Sebastiano Ziaui e Aurio Mastropiero, ambo poi dogi. Emanuele ricevette con tutta affabilità i legali ; varie furono le trattative, ina vedevasi chiaramente che col prolungarle il greco cercava di deludere i veneziani, e guadagnar tempo. Il doge intanto svernava colla flotta a Scio, (pian- ilo la pestilenza penetrò nell’annata, e in brevissimo tempo la ridusse quasi a nulla. Il doge nell 172 volle ripatriare co’pochi avanzi rimasti, i quali essendo infetti recarono a Venezia il morbo fatale che iu pochi dì fece morire migliaia d’abitanti. La cagione di tutti questi mali fu attribuita a Vitale II, ed il popolo affollato al suo palazzo voleva trucidarlo. Il doge inutilmente cercò di placarlo; tentò la fuga , ma in questa ricevè un colpo di coltello, mentre iu barca avvi-cinavasi al monastero di s. Zaccaria; sulle soglie di esso morì a’27 maggio dello stesso 1 1 72,e fu sepolto nella chiesa stessa di s. Zaccaria. Meritava altra sorte, e fu vittima de’raggiri del greco imperatore e di sua pacifica credulità : per lungo tempo era stato riguardato il salvatore della repubblica e il padre della patria. Fu 1’ultimo doge ucciso. E fama, che quando i veneziani decretarono di andare colleioo navi in Grecia, vi montassero sopra tutti quelli della famiglia Giustiniani alti all’armi, la quale avea colà delle pretensioni, come discendente dall’imperatore Giustiniano. Ora per la guerra e per la pestilenza, essendo morto ognuno de’ Giustiniani, nè restando di essa che de’fanciulletti o de’vecchi (certamente nel 1187 fioriva Pietro Giustiniani procuratore di s. Marco), ed essendo vicina ad e-slinguersi la prosapia loro ¡fi Venezia, vivente il doge impetrò dal Papa che Nicolò Giustiniani monaco di s. Nicolò di Lido, potesse sposare la propria figlia Anna, e per questo maritaggio fiorisce tuttora la chiarissima schifiltà de’ Giustiniani. Di questo I10 dovuto parlarne più volle, e per ultimo nel § XVIII, n. 34- Leggo nel eh. Romanin, che dopo tanti tumulti e discordie, e M pubblico oltraggio alla maestà del capo supremo dello stato nell’ucciso doge,onde salvare la repubblica facevano ormai uopo nuovi e vigorosi provvedimenti, a’quali i magistrali d’allora volsero losto l’attenzione e impiegarono l’opera. Prima di tutto sembrò necessario di provvedere ad una più regolaree più ferma costituzionedelle supreme magistrature dello slato. I due consiglieri e lo stesso consiglio de’Prega-di istituiti al tempo dei doge Flabauico non erano moderatori sufficienti alla du-