dramino, narra il seguente curioso aneddoto, a saggio della rigorosa semplicità di que’ tempi, e dell’ onore in cui giustamente si aveano gli errori contro la fede. CertoGaleottoNarnio, ossia di Marni, che godeva faina di savio e di molto dotto, fu accusato d’ eresia quale autore d’ un libro contenente prave dottrine, e diffuso in Ungheria e Boemia vi avea fatto molti proseliti. Processato, uscì la condanna di 6 mesi di carcere a pane ed acqua, ma a salutare esempio prima venne esposto su d’ un alto solaio nella piazza di s. Marco, con in capo una corona di figure esprimenti demonii, perchè alla presenza dell’inquisitore e de’suoi compagni seduti in tribunaleascoltasse la propria sentenza, e quindi si bruciò alla sua presenza il libro erroneo,e lo si costrinsea pubblicamente confessare i propri errori, e dichiararsi colpevole e pentito onde in parte riparare allo scandalo dato e al male fatto. Ma pe’dileggi del popolo, che volle motteggiarlo per essere ndicolosa-mente corpacciuto, e pel digiuno che do-vea subire, irritatosi diè vivacissime risposte con pronta ed indifferente fermezza. Morì il doge dopo circa due anni e due mesi di seggio a’6 maggio 1478, lodato dal d.r Girolamo Contarmi priore di s. Giovanni de’ cavalieri gerosolimitani, ed ebbe tomba nella chiesa de’Ser-vi di Maria, dove isuoi figli eressero poi quel cospicuo monumento architettato e decorato forse da Alessandro Leopardi,avendoavuto mano nelle sculture alleile Tullio Lombardo. Demolita tale chiesa, fu trasferito in quella de’ss. Gio. e Paolo, ove si ammira come il più nobile e di bello stile di quanti ne conta la città. Nella Promissione ducale furono aggiunte tra le altre cose, che il doge non potesse permettere la sua arma fuor del palazzo, e ne furono determinate le regalie. Così andavasi quasi per ogni nuovo doge a restringerne il potere e le prerogative, o con ampliazionedel'e cose decretate o con aggiunta di nuove. — Gio- ^9 vanni Mocenigo LXXII doge. Fratello del penultimo doge, uomo di somma bontà e di singoiar modestia, era senatore gravissimo ed avea sostenuto cospicue magistrature. Di 70 anni fu innalzato al trono ducale a’ 18 maggio 1478, mentre le pratiche della pace co’ turchi erano svanite e si proseguiva la guerra, e quindi altre ardentissime in Italia travagliarono il suo dogado. Questocomin-ciò con rinnovarsi atrocissima pestilenza, che serpeggiando per Venezia con mietere da 3o a 4o vittime al giorno, giunse a rapirne quotidianamente 1 io. Tanto era generale l’afflizione e la pena, che minoratosi anco pel timore il concorso de’ patrizi, convenne ordinare che I’auree barche ducali girassero per la città, onde condurre i senatori alle sedute di consiglio, e dopo esauriti gli affari di stato, accompagnarli alle case loro, senza comunicare col rimanente de’ cittadini. Il Mutinellidice che morirono anche 1 5o persone al giorno e durò la peste un anno, e fu allora che si ricorse al patrocinio di s. Rocco, ed ebbe origine la scuola in suo onore, che salì poi in tanta celebrità, pel narrato nel § XIII, n. 5. Durava da un anno 1’ assedio di Croja difesa da Jacopo da Mosto e da Giovanni figlio diScanderberg,quando alfine stretta dalla fame, si arrese dopo i i5 giugno 1478; e non ostante la promessa della sicurezza delle persone, queste furono messe a morte, ad eccezione di pochi de’più ricchi a’quali fu imposto grosso riscatto. Era questo un esempio di ciò che aveano da attendersi gli abitanti di Scutari, la cui città trovavasi di nuovo assediata dallo stesso Maometto II con formidabilissimo esercito, le di cui artiglierie a-veano portate 10,000 cammelli, con alcuni cannonidi straordinariocalibrosca-gliandopalledi i3oo libbre. Già perdute anco Lisso e Drivasto, la repubblica inculcò ogni sforzo al generale Antonio Loredano e al provveditore Tommaso Malipiero, per salvare almeno Scutari.