i i parole, acciocché fosse approvala la nomina del Girardi, dichiarando che i voti di tutta la città e dello stesso senato volevano lui a pastore, per la singolare opinione e per la grande stima che se ne aveva della virtù e bontà. Le istanze degli oratori sortirono il loro effetto, poiché il Papa finalmente ne approvò l’elezione e lo stabilì nella sede patriarcale vacante. Appeua giuntovi, portò su di essa quelle virtù, che lo avevano distinto nel monastero; e prima di ogni altra cosa si accinse a riformare i costumi guasti del clero. Al qual proposito, per esporre il quadro lagrimevolede’vizi d'o-gni genere, che contaminavano gli ecclesiastici veneziani di quell’età, il veneto storico ab. Cappelletti trascrive e offre 5 lettere pontifìcie; due di Paolo II, due di Sisto IV e una d’Innocenzo Vili, scritte dall 468al 1487, nel tempo del pastorale governo di Maffìo II, contro la funesta depravazione. La 1/ lettera di Paolo 11 non bastò a troncare il male dalla radice, soggettando cioè al braccio secolare gli ecclesiastici, che per abbandonarsi più francamente a’ loro eccessi, si fossero sciolti dal freno dell’abito loro comandato da’ sagri canoni. Alcuni anzi aveano trovato il modo di sottrarsi dall’ ubbidienza dovuta al patriarca ed a’rispetlivi vescovi, ottenendo da lìoma, per vie indirette, esenzioni, titoli e privilegi ; e tanto sera inoltrato anche su ciò il disordine, che il governo si trovò costretto a prendervi parte e cercare il modo di distruggere 1’ abuso, con domandare al Papa l’autorizzazione di punire i delinquenti, e l’ottenne colla 2.“ lettera. Neppur tutto questo bastando, Sisto IV scrisse le dette lettere al patriarca sullo stesso argomento, e in vigore di esse, il suo vicario generale ebbe facoltà d’ assistere agli esami d'inquisizione contro gli ecclesiastici accusali d’alto tradimento e di falsificazione di monete, rifiutandosi però d’intervenire a’ processi d’altri misfatti ; il perchè reclamando il governo ad Inno- 837 cenzo Vili, questi scrisse allo stesso vicario. Anche i religiosi d’alcuni conventi e monasteri, sotto pretesto di non soggiacere alla dipendenza ordinaria del patriarca, tenevano aperta la via a commettere impunemente qualunque eccesso, per cui il senato fece due decreti, pure dal Cappelletti riferiti cogli altri ricordati, acciò se ne rendesse consapevole il Papa, per porvi rimedio e togliere il disordine. Il patriarca pensò ancora all'erezione del campanile a decoro della basilica patriarcale, al temporale provvedimento del clero, pregiudicato nelle decime mortuarie e in altro, e spesso da’ privilegi de’ regolari ; ed ottenne pel seminario la sostituzione delle rendite,alle cessate del ripristinato pievano di s. Gio. Elemosinario. —• Nel principio del patriarcato di Muffio II,sembra potersi registrare l'unione ad esso del vescovato di Ecjuilia o Equilio, Gaso lo o Jesolo in dialetto veneziano, secondo Corner. Dissi alcune parole al primo di tali nomi, e qui nedaròun cenno col Cappelletti. Essi sono derivali da’primitivi suoi abitanti,profughi dalle persecuzioni de’barbari, e nel luogo di mano in mano ricovrati-si. Il più di essi essendo pastorie guardiani di razze di cavalli, dimoranti già nell’agio di Oderzo e nel basso Friuli ; ed ecco quindi l’etimologia di Equilia e di Equilio, e Jesolo, finché in volgare fu detto Litio Cavallino, col qual nome chiamasi il Lido, ch’è tra il porto di Piave e il porto di Treporti. Gesolo poi si nomina la palude più interna nella Laguna. Per questa doppia denominazione di Equilio e di Jesolo o Gesolo, alcuni e l’if-ghelli fra gli altri, riputarono Gesolo ed Equilio due diverse città. Essa fu considerevole e rinomata presso i veneziani, florida e forte sino a poter cozzare per ben go anni colla vicina Eraclea o Cit-là Novaj come raccontai nel § XIX ne’ primi numeri. Sorgeva presso 1’ antica foce del Piave sopra terreno sano e a-sdutto, divenuto oggi paludoso e desei -