della gran battaglia avvenuta nel 1264 sulle coste della Sicilia tra Valle di Maz-zara e quella di Trapani. Comandava la flotta genovese di 28 galee Lanfranco Borborino; dirigevano la veneziana Marco Gradenigo e Giacomo Dandolo. Terribile fu la pugna, essendo da ambe le parti eguale l’odio, la brama di vendetta, il coraggio, il valore. Dopo lungo e ferocissimo conflitto, la vittoria si decise infine pe’venezianl, i quali s’impadronirono di tutta la flotta nemica, ed a pocbi genovesi riuscì di salvarsi. Michele Paleologo, che fino allora avea goduto ve der le due potenze latine distruggersi tra loro, dopo il trionfo de’veneziani, cominciò a pensare seriamente a’easi suoi, temendo di vedere comparire la loro flotta sotto le mura di Costantinopoli. Nè l’inquietava meno il pensiero de’ veneti e pisani che l’abitavano e nou poteva cacciare senza esporre la città a gravi pericoli. Determinò quindi abbandonare i genovesi, e nel 1 265 mandò a Venezia n trattar di pace. La repubblica per non rinunziare a’ suoi diritti non convenne ¡1 pace perpetua, ina ad una tregua di 5 anni per mare e per terra, che si pubblicò a’ 3o giugno 1 268 , conservando onore e privilegi. Alla rivoluzione succeduta a Costantinopoli, altra n’era accaduta in Italia di gravi conseguenze, per l’investitura data da Papa Clemente IV nel 1 265 del regno delle due Sicilie al fratello di s. Luigi IX, il re Carlo I d’Angìò. A questi si rivolse l’errante Baldovino II, ultimo imperatore latino di semplice titolo, per essere soccorso alla ricupera del trono, e con trattato del 1 267 gli cedette I’ Acala, la Morea e altre isole, colla promessa inoltre che estinguendosi la propria linea, la corona imperiale passerebbe in Carlo I e nella sua discendenza Angioina, salvi però sempre i diritti e privilegi de’ veneziani, cui cercava invano di spingere a dichiararsi contro il Paleologo. Nellosles-soi 265 i genovesi, fallo nuovoarmamen- lo, s’impadronirono della città di Canea, P. II. 113 la saccheggiarono e quasi distrussero: inseguiti da’ veneziani, si rifugiarono nel porlo di Rodi. I vantaggi della repubblica si aumentavano petrattali: aveva accettato nel 1261 la dedizione formale di Parenzo, concluso trattali di commercio con Vicenza, Treviso, Fermo e Milano, anche col sultano d’Aleppo, rinnovando la pace con Villardouin principe d’Acaia, oltre la convenzione e lega con Pisa contro Genova in tempo anteriore. Nel dogado di Zeno,Venezia vieppiù si abbellì e divenne fiorente, si rifece il ponte di legno di Rialto, la piazza e le strade si cuopriro-no di pietre e di cotto, come la piazza di s. Marco nel 1264 per la 1 /volta. Sollevatosi il popolo conlro il doge per l’eccessiva tassa della macinala cosa fu presto calmata con impiccarsi ¡caporioni del tumulto. Finalmente ¡1 doge veune a morte a’17 (o 7) luglioi268, e fu sepolto in ss. Gio. e Paolo; essendo stato il 1,° che ponesse fregio o cerchio d’oro sulla berretta ducale, al dire di Cicogna e Romanin (questa corona d’oro l’ornò di pietre preziose). Il governo della repubblica, per opera leuta ma continua, si era venuto sempre più restringendo nelle mani di una classe aristocratica, la quale tendeva da un lato a limitare il potere del popolo, dall’altro quello del doge; e tutto questo quietamente per la condizione tutta speciale di Venezia, che descrive lo storico Romanin, e toccai di sopra qua e là con esso ed altri. Cogli ordini più stretti, si manifestò da molto tempo la tendenza a ridurre il governo aristocratico e compatto, regolato dalle leggi. Con questo costante intendimento, alla morte del doge Zeno, i consiglieri e rettori nella sede vacante , radunatisi insieme co’ capi della Quarantia , divisarono nuovo modo e complicatissimo per la futura elezione del principe, e quello fu poi mantenuto con lievi mutazioni quanto durò la repubblica. Prèndendo dunque inizio col- I invocare l’aiuto e il lume da Dio, statuirono che il consigliere più giovaue, p.i i-8