6o8 sione speciale pe’bisogni del popolo clie soffriva , e da ciò nacquero alterazioni violente ne’ luoghi pubblici tra parecchi nobili, che non potevano andar d’accordo sulla scelta da farsi. 11 consiglio de’ Dieci esercitò rigorosi atti di autorità, e trionfò mai sempre degli sforzi che si tentavano per restringere la potenza degl’inquisitori di stato. Verso la stessa e-poca era giuntoal massimo grado la corruttela , e rese necessarie alcune misure repressive. La qual corruzione e la di-guaglianza grandissima delle ricchezze influir dovevano sul governo medesimo, cioè a dire mettere una parte dell’ordine equestre sotto la dipendenza dell’altra, e completar finalmente il sistema oligarchico. A’?, dicembre 1781 il senato, sulle dimostrazioni del suo ambasciatore n Pioma cav. Girolamo Zulian, assegnò allo scultore Canova annui 3oo ducali. E qui rammento d’aver descritto nel voi. LXXXII, p. 79, il formale e solenne ingresso fatto dal Zulian nel 1781 in Ro-ina, l’udienza pubblica ricevuta dal Papa; nel 1782 l’udienza di congedo, la sua creazione in cavaliere aureato,ed i regali sagri ricevuti da Pio V]. Noterò ancora, che nell’ambasceria gli successe Andrea Memmo, le figlie del quale cresimò Pio VI, come descrissi nel voi. XVI, p. 78.-—-Nel detto annoi 782 a’i8genuaio giunsero in Venezia sotto il modesto nome di Conti del Nord, Paolo figlio di Caterina II imperatrice di Russia , poi imperatore,eMariaTeodorowna diWiir-temberg sua moglie, con decoroso accompagnamento, e presero alloggio nell’ albergo del Leon Bianco. La repubblica destinò a riceverli e servirli il savio grande Pesaro, e il savio di TerrafermaGrimani. Visitarono i luoghi piùnotevoli della città, ebbero i soliti trattamenti di musiche e di danze ne’teatri e nelle sale, il trattenimento della regata e altre dimostrazioni. Di più fu loro dato uno spettacolo nuovo e magnifico, che descrive il cav. Mulinelli. Nella piazza di s. Marco fa innalzato un anfiteatro di 500 piedi di circonferenza, nel sommo del quale ricorrevano alcune logge appoggiate ad archi dipinti verde e in forma di pergola-ti. L’edifizio giungeva fino a’capitelli delle colonne de’portici delle Procurale, di maniera che le due corna d’ambo le stupende fabbriche lo sopravanzavano e servivano quindi di fondo al quadro. All’estremo dell’anfiteatro verso il palazzo, ora reale, sorgeva uno di que’ fabbri-cali detti alla francese padiglioni, cliio schi turcheschemente , ricco di cristalli alle finestre e nell’interiore di specchi,di masserizie graziose e magnifiche: all’ altro estremo verso la basilica , vedevasi un grand’ arco trionfale alto 80 piedi, disegnato su quello esistente a Roma di Tito, e adorno di colonne e di statue, pel quale si entrava nell’anfiteatro.L’invenzione e l’esecuzione di quell’opere meravigliose, non erano altrimenti del valente dipintore Domenico Fossati 0 del suo cugino Alessandro Mauro peritissimo prospettico , come fino a’ nostri giorni fu creduto, bensì di Vincenzo Chilone valoroso pittore di prospettiva, non fortunato, come prova il Mutinelli colla biografia scritta da lui stesso con riprodurla. Adunque così ordinata la piazza di s. Marco, a’24 gennaio furono accolti i Conti del Nord nel suddetto padiglione o chiosco, e tosto pel grand’arco entrarono nell’ anfiteatro 5 grandi carri rappresentanti per emblemi l’Agricoltu-ra, l’Abbondanza, il Commercio, le Arti, la Pace, ognuno tirato da 4 bovi bianchi; fatto il giro dell’arena, ed usciti i carri, vi s’introdussero in 3 separate schiere 72 tori e con essi i tiratori (o conduttori e giostratori) bizzarramente abbigliati con vesti di nazioni diverse (erano macellai e cortesani, di due fazioni, vestiti ordinariamente con brache di velluto nero e giùbboncello di scarlatto, con berretta rossa, se della fazione Castellana, usando la nera gli appartenenti alla Nicololla), dandosi con essi per circa