sfallo l’aria per lo strepito delimitigliene, e suono di tutte le campane della città.’Indi i cardinali assistenti pubblicarono nella consueta forma l’indulgenza plenaria in latino e in italiano. Qui prorompe ¡1 patrio descrittore.» Chi non vide qual commozione fece nell’animo d’ognuno, principalmentela 3.a benedizione, non ville nientedi più esultante al mondo. Sembrava che lo stesso Dio dal trono della sua maestà benedicesse i popoli dell’universo, e dicesse a tutti: Benedicli, venite ad me, e in queU’istante lutto il mondo fosse salvo e redento. Pianti, gridi di consolazione, di gioia, di esultazione, oh come spessi, oh come infiniti! ... Tronco questa narrazione non potendo più reggere »Ila forza del sentimento che essa m’inspira”. Anche il cav. Mulinelli afferma, die fu momento di spettacolo sublime e ammirando. Disceso il Papa dalla magnifica provvisoria fabbrica , con tutto l’accompagnamento, fece ritorno alla sagrestia a deporre le sagre vesti; indi separassi dal doge e dalla signoria, con tutte le dimostrazioni più particolari di gentilezza, in vicinanza della scala che con-duceva alle sue camere. Avendo stabilito il Papa di partire da Venezia, e di voler pernottare quella sera stessa in Padova, perciò alle ore 19 colla corte e i due procuratori Manin e Contarmi, servito da nobili gondole, volle portarsi al palazzo ducale (secondo il Diario di Roma e il Novaes, pare che vi fosse stato un’altra volta, e che questa servì per fare un’improvvisata al doge di commiato),onde prima d’ allontanarsi da Venezia rivedere Sua Serenità nel di lui magnifico palazzo residenziale, e ammirarne la grandiosità e le inestimabili pitture, essendosi trattenuto per qualche tempo in familiari discorsi col doge e con la signoria, che ivi si trovò a riceverlo. Dopo le dimostrazio-n' più sincere di paterno amore e di grato animo, il Papa si divise dal doge e dal collegio, e passò alle sue peote. Alle ore 20,perla Piazzetta di s. Marco, Pio VI 617 ascese in una delle nobili peote de’procu-ratori e in loro compagnia, nell’altra a-vetido preso luogo il corteggio; si staccò dal Molo con l’accompagnamento di molte altre barche, e intraprese il viaggio per Fusina. Il popolo accorse ¡11 gran numero sui rivi, sui ponti e sulle barche; suonavano tutte le campane, gli spari erano gli stessi della venuta , ma all’ esultanza era succeduta la mestizia e anche il pianto.» Quanto mai in quest’incontro fu riconosciuta la pia divozionedel popolo veneziano! Den si può dir con ragione, che Venezia è una delle cristianissime città della Chiesa cattolica apostolica romana”. Osser va l’altrocontemporaneoNovaes, che Pio VI e il doge Renier, belli ambedue, nel discorso facondi, nolabili per le maniere, tosto seguì fra loro dimostrazioni di mutua amicizia e intrinsichezza, che gl’inquisitori di stato, per quanto fu detto, non contenti della poca considerazio» ne per loro avuta, presero ombra della condotta del doge; ed appena partilo Pio VI da Venezia, lo ripresero acerbamente della propensione che avea dimostrata soverchiamente verso un sovrano straniero, di cui la repubblica in ogni tempo avea disapprovatele pretensioni sugli stali altrui; ed inoltre, per avergli parlato più volle all’orecchio, e da solo a solo! Giunto Pio VI a Fusina, disceso in terra fu complimentato dal patriarca ing.1 Gio-vanelli, e da altri vescovi veneti, i quali co’più sinceri sentimenti, furono ringraziali e aliettuosamente benedetti. A-sceso il Papa nella carrozza proseguì il viaggio per Padova, da dove nella mattina seguente partì per Rovigo. Arrivato a Canai o, confine dello stato veneto, prima d’entrare nel pontificio, fu ossequiato da’procuratori Contarmi e Manin, che l’aveano accompagnato, avendo il, Papa loro corrisposto con vivissime dimosti a-zioni di riconoscenza per gl’incomodi da loro sofferti, pel pensiero continuo diligentissimo, ch’eransi preso in prevenire tut-tociò che poteva occorrere, e particolur-