uovo. Ma continuando l’intestine discordie, i! doge divenne nemico de’Caloprini, e si diè invece al partito de’Morosini. A-diralo perciò SlefanoCaloprino corse ad Ottone II, e con altri suoi parenti e amici l’eccitò a muover guerra a’veneziani, promettendo di dargli nelle mani la città, e raccomandandosi al caso della vittoria d’essere fatto doge. Accettò l’imperatore la proposizione, e coll’aiuto e-ziandio del Caloprino pratico di tutte le vie che per mare alla città conducono, strinse di duro assedio Venezia col bloccarne l’isole verso il 981, e impedì che ricevesse vetlovaglie. Saputasi la triste nuova in Rialto, il tumulto e l'irritazione fu generale. Indarno il doge tentò di placare Ottone II, il quale anzi, avendo sedotti alcuni sudditi di terraferma, pie-para vasi con poderosa flotta anche per la via di mare. Disperati i cittadini sfogarono la loro ira sulle famiglie de’ribel-li, le cui case saccheggiarono, e le mogli, figli e parenti cacciarono in prigione, e giurarono di perire prima di cedere. Durarono essi in carcere quasi due anni e periti vi sarebbero, se l’imperatore recatosi a Roma non vi moriva nel dicembre 983, con che restò disperso il fatale apparato. I ribelli confusi, levato l’assedio, ebbero gran ventura di rifugiarsi presso l im pel atrice Adelaide, e l’interposero con preghiere ad ottener perdono dal doge. L’imperatrice colla sua dolcezza lo conseguì , ed i ribelli ripatriarono tranne Stefauo Caloprino morto in Pavia. Ma il ritorno de’Caloprini destò ne’Morosini l’antico risentimento di vendicarsi, e un giorno mentre \ figli del defunto Caloprino erano in barca, i Morosini l’aggredirono e trucidarono. A tanto misfatto il doge restò indolente, il perchè acceso d’ira il popolo si sollevò nel 99 r, lode-pose e costrinse farsi monaco, risparmiando a lui gli occhi e la vita. Altri dissero che abdicò e spontaneamente si ritirò nel chiostro, stanco delle turbolenze che agitavano la città per le fiere di- % scordìe delle due fazioni. Morì 6 giorni dopo e fu sepolto in s. Zaccaria. Avea per sua divozione fondata la badia de’ benedettini di s. Giorgio Maggiore, isola dalla famiglia ducale detta Memmia. —-Pietro II Orseolo XXVI doge. Figlio di s. Pietro I Orseolo, aveva forse 3o anni quando nel 991 fu eletto doge, e per le sue gloriose azioni rese celeberrimo il proprio nome. Estiute primamente le discordie tra’nobili, riportò dalla corte bizantina privilegi ed esenzioni utilissimi alla navigazione. Fu il i.° che inviò ambasciatori a’sovrani saraceni dell’Asia, dell’Africa e d’altre parti, per trattar di pace e di commercio. Anche con l’imperatore Ottone 111 rinnovò i trattati, e altri ne stabilì co’principi d’Italia. Liberò dalle violenze degli slavi e croati la nazione veneta, e in Eraclea e in Grado eresse palazzi ducali, torri e mura. Vendicò le molestie che dagli slavi si recavano a’ veneziani navigli; e pregato di soccorso da’dalmati contro que’ corsari mise in mare poderosa flotta verso il 998. Salì egli stesso allora sopra una nave nel dì dell’Ascensione, dopo avere ricevuto la bandiera benedetta della repubblica dal vescovo d’ Olivolo Domenico V (donde poi ebbe origine la solen-? ne festa di tal giorno, e indi la benedizione e sposalizio del mare, narrata nel § XVIII, n. 1 3), e uscito dal porto d’E-quilio, giunse a Grado, indi a Parenzo, di là a Pola e a Zara , di dove spedita una squadra Contro un’altra de’ naren-lani, fece prigionieri molti vascelli del nemico, che promise solenne ubbidienza; ma rotti i patti, fu costretto il doge a batterlo di nuovo, e ne riportò tale solenne vittoria , che al veneziano dominio fu cagione di sottomettere i popoli dalmatini e gl’istriani per l’estensione di quasi 35o miglia dall’ Istria fino a Rat gasa. Ecco come 1’ Arte di verificare le date descrive tali conquiste. Nel 997, dopo la morte di Tirpimiro re di Croazia, ¡riformato il doge come le città ma»