esse 4 galee, e i la repubblica di Genova ; anche quesi’ultimi soccorsi procurali dal Papa. 11 quale per questa spedizione impose per 5anni sui benefizi del clero d’Italia una contribuzione ; domandò ancora sussidii a’ vescovi di Spagna e Portogallo, e alla camera apostolica ingiunse somministrare quanto potesse, ecoitando pure i cardinali più facoltosi a fare altrettanto. Avea altresì Clemente XI dichiarato con editto, che i banditi de’suoi stati per delitti, tranne quelli di lesa maestà, parricidio e pubblica crassazione, i .piali si annoiassero co’ veneti in questa guerra, dando il loro nome al nunzio di Venezia Alessandro Aldobrandini arci ve-seovodi Rodi (era stato nunzio di Napoli, di poi lo fu di Madrid e cardinale), terminata la campagna restassero interamente liberi e potessero tornare alle loro case. Era però necessario che l’imperatore Carlo VI si unisse alla sagra lega onde fare un diversivo per terra a’confi-ni turchi. L’imperatore con compassio-uemirava lo scompiglio fatto ne’domiuii veneti di Levante, ed altri vicino a farsi con Corfù e altri luoghi; mirava anche minacciato il suo regno di Napoli da’loro ulteriori progressi ; ma non sapeva risolversi a sfoderar la spada contro di loro, per sospetto che la corte di Spagna, prevalendosi della congiuntura in veder impegnate le sue armi in Ungheria, assalisse i propri stati d’ Italia eh’essa avea perduti. Per rimuovere quest’ostacolo si adoprò non poco ClementeXI,ed essendogli finalmente riuscito di avere dal re di Spagna solenne promessa di non molestare alcuno di detti stati, durante la guerra col turco,il Papa nel suo mirabile zelo se ne fece mallevadore. Con questa fidanza Carlo VI a’25 maggio 1716 strinse lega offensiva e difensiva co’ veneziani, e dichiarò la guerra al sultano Achmet HI, per la quale molti aiuti ebbe dal Papa. Avea l’imperatore un fiorito esercito di veterani, ¡1 quale inviò in Ungheria 'mo a coufmi ottomani. 11 comando l’af- 569 fidò al celebre principe Eugenio di Savoia, la cui mente, credito e perizia indi-tare si riguardava per un altro esercito. Tosto i turchi si avanzarono con poderosa armata ad assediare Petervaradino; ma a’5 agosto,implorato il divino aiuto, il principe Eugenio riportò strepitosa vit-toria.con ¡strage de’turchi e ricco bollino. Frattanto altri turchi vigorosamente in-calzavano l’assedio sotto la città di Cor-fu, aveano inoltrato di molto gli approcci, e senza risparmio di sangue superate le più delle fortificazioni esteriori. Entro stava alla difesa il conte di Schoulem-bourg capo supremo della milizia veneta terrestre, che mirabili prove die’ del suo sapere, a cui corrispondeva con egual valore la guarnigione , con disputare a palmo a palmo ogni progresso de’nerni-ci. Nondimeno si prevedeva, che a lunga andare non si poteva sostenere una piaz-za, assalita con incredibile sprezzo della morte dagl’ infedeli, e priva di speranza di soccorso, e perciò doversi in fine capitolare. Poiché s’ era ben volta a quella parte l’armata navale, combinata de’veneziani e degli ausiliari, ma per la conoscenza delle forze superiori de’ nemici, non sapevano i più degenerali indursi ad azzardare una battaglia, ed oguuno voleva tener da conto le sue belle navi. Iddio fece quello che gli uomini non osavano sperare. Appena però giunse agli as-sedianli di Corfù l’infausto avviso della grande sconfitta de’loro in Ungheria, che entrato in essi un timor panico, come se avessero alle spalle il vittorioso esercito imperiale, subito presero la fuga precipitosamente per rimontare ne’vascelli. Lasciarono quindi artiglierie, munizioni, bagaglio e cavalli. Grandi clamori poi si fecero, perchè la flotta cristiana in quel grave scompiglio degli atterriti musulmani, non volasse ad assalirli con sicura vittoria. Veramente i collegati insegui» roño i fuggitivi, ma insorta fiera burrasca convenne pensar più a difendere se stessi dall’ira del mare, che olleudere al.