i8o e larghe ricompense a’capitani, eletti a primi rettori di Padova Zaccaria Trevisan e Marco Caravelio. A’23 novembre il senato mandò a prendere i due Carraresi dal campo e condurli a Venezia, facendoli dimoi are a s. Giorgio per sottrarli alla furia del popolo che gridava crucifige, probabilmente concitato dal credere il tentativo di Francesco I di far avvelenare i pozzi. Ammessi alla presenza del doge s’inginocchiarono, chiamandosi rei, ed egli rialzatili li fece sedere al suo fianco , e toccando leggermente di loro ingratitudine, parlò del resto benevolmente. Dopo l’udienza tornarono a s. Giorgio, ove a Francesco 11 fu intimato di far venire entro dicembre gli altri suoi due figli Ubertino e Marsilio Carrara colle cose preziose, onde togliere loro i mezzi di macchinare e sollevar nemici, e rimettersi alla magnanimità della repubblica. Ai 3o novembre i due prigionieri furono trasportati allaTorresella nel ducale palazzo, ove si custodivano i prigionieri illustri, e finche fosse quel luogo opportunamente fortificato si misero nella carcere orba, una di quelle che a livello della corte giravano lutto attorno di questa. La tragica fine de’ Carraresi non mancò di porgere argomento a storici appassionati, poco studiosi de’ documenti, per vituperare la repubblica co’più amari e calunniosi rimproveri. Altri invece s’affaticarono a giustificarne il procedimento con sofismi per eccessivo zelo. Con documenti e verità storica tutto descrive e prova il prof. Romanin : egli offre e produce i documenti, e con questi chi ne avesse volontà potrà confrontare le altrui narrazioni, com’egli stesso dichiara, pubblicando per la i." volta quanto in proposito ne somministrano i registri del consiglio de’Dieci, sperando giustamente di recare non poco lume sopra sì involuto argomento. Da’ processi si scoprirono macchinazioni recenti e pericolose, crebbero quindi i rigori verso i Carraresi, ed a’23 dicembre Francesco II venne tradotto nel carcere forlc, ove ancor trovavasi l’altro suo figlio Giacomo, restando Francesco III altro suo figlio nella carcere orba. Le rivelazioni si succedevano e sempre più gravi, come si rinvennero scritture e lettere nascoste in un barcone. Il consiglio de’ Dieci, coadiuvato da due aggiunte, come in momento di sommo pericolo, sedeva giorno e notte ; continui erano gli arresti, gli esami, i testimoni, trovandosi compromessi anche alcuni nobili veneziani e quindi condannati a pene. Si volle esaminare anche Francesco III. Risultò dal processo, con sufficienti prove di reità de’tre Carrara, non già d’aver sostenuto la guerra contro la repubblica, non già d’aver mostrato l’ambizione di estendere i propri possedimenti, ma di aver ordito un gran macchinamento a danno dello stato veneziano, perciò furono condannati a morte e strangolali in prigione a’ 17 gennaio 1406. Saputosi dal popolo disse: Uom morlo non fa guerra. Furono tumulati : in un’arca nella chiesa di s. Stefano Francesco I; ed in s. Marco in Boccalame, isola ora abbandonata dalla parte di Lizza Fu-sina, o a’ss. Biagio e Cataldo alla Giu-decca, o a s. Giorgio Maggiore, Francesco III e Jacopo fratelli. Ma se è incerto il luogo preciso ove fu sepolto il padre, più incerto è ove riposino i suoi figli. Le circostanze che accompagnarono la loro morte furono pateticamente narrate dagli storici, ma ripeto a modo di romanzo. Ripugna al Romanin la proposta di mettere il Carrara in una gabbia di ferro larga 4 passi e lunga 6 da collocarsi sulla sommità del palazzo ducale : la chiama favola. Di tale supplizio o tormento chiamato Chebba, che risale a| secolo XII (usato specialmente da’ Tor-riani in Milano),appeso con una corda al campanile di s.Marco,adoperato ancora a punizionede’preti scandalosi,colMutinelli parlai nel descrivere quell’edifizio nel