lauti stali; che faceano inchiuar gli stendardi di s. Marco da tante barbare città saraci ne; che sgominarono tante flotte turchesche; che impedirono col vaioree col consiglio, che tutta Italia non cadesse sotto la tirannide ottomana. Quel palarlo che custodiva i secreti di tanti secoli,che serbava il Libro d’oro delle grau-di prosapie patrizie, che lauti dogi albergò, che udì nell'aurate sue sale i sapienti avvisi de’suoi consiglieri, de' suoi inquisitori, de’suoi capitani e procuratori, de'suoi almiragli, de’ suoi legati all'estere nazioni;che accolse le pompose ambascerie di tanti imperatori e re e signori d’Oriente e d’Occideute; che diede sicura ospitalità a'Papi raminghi, profughi e oppressi dall’ira d’iniqui potenti; che fu asilo di principi infelici, reggia di gloriosi imperatori, i quali visitavano queireccelsa signoria per vederne, come la reina Saba con Salomone, la munificenza, l’ordine, il consiglio, la potenza, la dignità, i diritti avvisi che reggeano la metropoli del mare, e governavano que’po-poli felici e d’ogni bene di pace ricchi e doviziosi. Dalla loggia di quel palagio essi miravano quella calca stipata di cittadini con tanta serenità di sembianti, gaiezza di modi, eleganza d’ornamenti e di vesti; e la Laguna fra s. Giorgio e la Salute così coperta di gondole, di barchette e di peole messe a festa, e vestite d’ermesiuo e di broccati e velluti, con isvolazzi di bandiere, con poppe dorate e prore messe a vaghissime tinte, inghirlandate di fiori, abbellite di cimieri a bellissime piume d’aghironi e di struzzi, con remi colorati di minio,ecoll’impugnatured’eba-uo e d’avorio; cotalchè i monarchi stranieri da quel balcone vedeano a un tratto d’occhio I’ opulenza, la giocondità e la letizia di quel beato popolo, che vivea tranquillo sotto il mite e grazioso governo de’Padri. Or questo palagio bellissimo meravigliosamente, il quale compendiava in se medesimo le glorie di tanti secoli, fu nel giorno che i fraucesi en- 701 tra tono in Vinegia spalancato alla ruba d’un popolaccio disfrenato, istigato e attizzato ad ogni violenza, il quale ghermito il Libro d’01-0, e fatto una grau catasta e datovi il fuoco, gettollo a incenerir fra le fiamme, e con esso tutta la nobiltà (cioè i nomi) del veneto patriziato, che costoro predicarono spenta coll’ulti-me faville di quel libro, e gridando alto l’uguaglianza d'ogui classe, ordine e stato. Appresso ciascuuo entrò ne’piìi ricchi e reconditi quartieri del doge e de’ sublimi magistrati della signorili, e li misero a bottino, rapinaudo quant’oro, argento e cose preziose cascavano lor fra le mani, ¡strappando dalle pareti gli arazzi e le dilicate seterie del Tibet, della Cina e di Persia, sconficcando i rosoni dorati, i bronzi bruniti, le borchie de’seggioloni e i velluti di quelli: involando i cortinaggi da’letti, le teude dalle finestre, gli specchi dalle pareti, i vasi sculti dalle mensole, gli orologi dalle tavole, i candelieri dalle credenze, e persino i rami e gli sto-vigli dalle cucine, i cibi dalle dispense, i vini dalle cave ", Ognun vede che, qui l’eloquentissimo scrittore parla iu generale da oratore, e con enfasi, non col rigore di grave storico; imperocché, tutto il palazzo ducale propriamente non fu mai così decorato, e i doni de’principi ed altri distinti personaggi si conservavano nelle sale d’armi del consiglio de'Dieci, le quali in quella 1/ irruzione non furono tocche: modificazione a me indispensabile, per essere coerente a quanto dovrò narrare. Poco dopo lo sbarco de’ francesi, si portarono i membri della nuova municipalità (eletti da’ rivoltosi ch’eransi radunali presso Villetard, al riferire del Coppi) a prender posto sugli elevati sedili della saladel gran Consiglio, ed elessero a presidente Nicoletto Corner d’una delle più illustri e ricche famiglie uobili.Si pronunciarono vari discorsi,prò pri della circostanza, e si prestò un novello giuramento; indi fu proposto di proclamare dalla piazza di s. Marco il nuo-