e condotto nella Spagna. E sua madre la duchessa d’Angoulème reggente del regno , tenne le redini del governo con accorgimento e fermezza, durante la sua prigiouia.il eia moroso avvenimento commosse e atterri grandemente tutti i principi italiani, i quali ormai si vedevano in balia della potenza imperiale. A scongiurare intanto la 1.“ burrasca, si adoperò Gaspare Contarmi allora oratore a Car- lo V, poi la repubblica incaricò Andrea Navagero e Lorenzo Friuli di recarsi in Ispagna a congratularsi coll’imperatore della fortuna di sue armi, e furono ben n ccol ti, giacché a Carlo V preme va a quell’epoca di tenersi amici i veneziani, da’ quali voleva 80,000 ducati in compenso delle truppe che non aveano mandato, secondo i patti, alla battaglia di Pavia.Domandò dì nuovo la restituzione de’beni a’ fuorusciti, ch’erano stati venduti; e promise non volere il disturbo della cristianità, che sarebbe in sue mani, ma la gloria della pace, per rivolgere le armi contro gl’infedeli, sperando che la signoria lo avrebbe aiutato. Eguali buone parole dava l’imperatore aClemente VII,onde il senato raccomandò a questo, pel suo ambasciatore ordinario Domenico Venier, non si lasciasse trarre ad alcuu accordo senza includervi la repubblica, e soprattutto stesse bene avvertito ch'erano forse inganni per ¡sciogliere l’unione sua con Venezia, grande ostacolo a’disegni imperiarsi affrettasse intantoa mettereall’or dine le sue genti, e quelle de’fìorentini,che aveano aderito alla lega per la libertà d’Italia, mandasse a levar truppe negli svizzeri, ■-¡prendesse in grazia il duca di Ferrara, dalla cui opera molto vantaggio ne sarebbe venuto agli alleati. Ma il Papa di repente cambiò pensiero, inclinando ad unirsi a Carlo V, per la necessità delle circostanze, invano rappresentandogli il senato aver i collegati forze bastanti a difendersi, numeroso l’esercito della repubblica composto di qoocavalli di grave armatura, 600 di leggiera, 10,000 fanti ol-P. IL 3a 1 tre l’armata marittima; e il duca d’ Urbino avere in animo che con 2000 caval- li di tutte l’armi, 15oo leggeri, e 3o,ooo fanti la libertà e il decoro d’Italia potesse sostenersi; e in fine badasse bene, che unirsi a Carlo V era un dichiarar guerra a’ francesi e dar tutta l’Italia in suo potere. Per mala ventura, Clemente V11¿ più stretto dalle presenti cose che accorto dell’avvenire,concluse il 1 .“aprile 1525,-col viceiè Lannoy: Che Francesco II Sforza sarebbe conservalo nella signoria di Milano; che l’imperatore garantirebbe lo stato papale da ostili insulti e ritirerebbe le truppe accampale in esso; che prenderebbe in protezione la repubblica fiorentina con pagare 100,000 ducati a’ea-pi tani imperiali, e conserverebbe in dignità la famiglia Medici. Alla repubblica veneta e agli altri stati si lasciarono 20 giorni di tempo per accedere al trattato.Giuu-sero queste notizie a Venezia mentre la reggente di Francia avea mandato il suo ambasciatore, a raccomaudarsi d’interporre i suoi buoni uffizi per la liberazione del re suo figlio, che allora era ancora ritenuto in Pizzighettone quale ostaggio. Il doge Grilli rispose parole di condoglianza e di conforto,assicurandoci^ la repubblica non lascerebbe di fare tutto il convenientemente possibile. A Roma scriveva il doge non potersi decidere all’adesione del trattato prima di vederne i capitoli, non aver mandato le sue genti a Pavia per dover guardare lo stalo proprio e non convenire al rifacimento richiesto, uon poter poi entrare in una lega in cui era fatta parola del turco , e quantoa’beni de’fuorusciti per finirla pagherebbe 80,000 ducati. Era stato intanto tradotto in Ispagna Francesco I, per darvi lo spettacolo d’un re di Francia prigioniero del suo emulo Carlo V, all’insaputa del Borbone, e del marchese di Pescara generalissimo dell’armata spagnuola, onde ambedue ne restarono indignati; il i.° pel timore di esser dimenticato nel trattato che poi sarebbe fatto per liberarci