136 lesse sottoporre ad interdetto i veneziani senza speciale mandato del Papa, mirando così a prevenire la rinnovazione delle censure pronunziate per l’affare di Ferrara, per opera de’due legati Ar «aldo e Onofrio. Laonde il dotto Tentori non disse il vero, seguito da altri, che Clemente V promise che i veneziani non sarebbero in avvenire più scomunicati uè censurati da’romani Pontefici. E qui dirò, che dipoi avendo Giovanni XXII scomunicato Ferrara, per essersi data a Iìinaldo e Obizzo d’Este, la repubblica sospese con essa ogni relazione, nè ristabilì la pace se non nel i 331, quando i due Estensi e Nicolò riconciliatisi col Papa ottennero la bolla del vicariato di questa città. Ma prospere nientemeno andarono le cose al di fuori. Imperocché Zara, ch’erasi data al re d’Ungheria Car- lo 1 Roberto, si riebbe per illustre vittoria, ed anche si ricuperarono colle armi Traù, Spalatro e Sebenico, e del pari si ricovrò o meglio custodì Negropoute.Ma di più una poderosa squadra si mandò contro i liguri, la quale presso a Costantinopoli sconfisse il nemico da cui il greco imperatore Andronico II era messo alle strette. Anche si mandò aiuto a’ padovani per difenderli da’veronesi. Oltre a 16 anni Soranzogovernò la repubblica saggiamente sebben quasi giungesse a toccar il lustro18.°; e la città nobilitò col fondarvi le pubbliche abitazioni pe’ procuratori di s. Marco; erigere di nuovo le due logge del palazzo ducale verso il Molo, sopra le quali poi, nel 1 34o, si decretò di fabbricare la sala del maggior consigi io; e col disporre l’ingrandimento dell’Arsenale ; che anzi lui du-cando, secondo il Caffi e il Mulinelli, la 1." (forse delle più solenni, poiché di sopra rimarcai più antica l’origine)fecesi deile poi sì famose regate per festeggiar l’arrivo in Venezia della regina di Sicilia figlia del duca di Chiarenza e nuora del re lio-berlo. Sì lieti avvenimenti verificarono I fausti presagi formati già dal popolo per l’accidente singolare che nel cortile del palazzo ducale nascessero 3 leoncini, uno maschio e due femmine, a’ 1 2 settembre 1 3 16, da una coppia di leoni ingabbiati, già mandata in dono al doge da Federico II d’Aragona re di Trinacria o Sicilia di là dal Faro. Dipoi il doge regalò un leoncino a Cari Granile della Scala signore di Verona. Il commercio fu dilatato in varie parti; si fecero diverse leggi per la sicurezza, la salute e la morale pubblica, e si aggiunsero a 'Signori di notte, anche i Capo sestieri. Il doge sostenne ¡Carraresi contro gli Scaligeri, e gli uni e gli altri contro la preponderanza de'Visconti signori di Milano, reggendo la bilancia d’un certo equilibrio fra que’ potenti. Al riferire del Rinaldi, pare che i veneziani si studiassero occupare alcun luogo dello stato ecclesiastico, onde furono minacciati da Giovanni XXII. Non senza qualche grave disgrazia stette però la città •• per fortuito incendio arse nell318 il fondaco de’ Tedeschi, onde que’ loro alberghi e le ricche merci ivi deposte il fuoco si divorò. Anche ripullulò il sempre funesto albero della rivoluzione, troncato già in B.ija-montes bisognò strapparne le radici nel -l’ultimoannodi questo dogado, che venne funestalo dal pubblico supplizio che subirono Jacopo Qui ri ni e Jacopo e Marino Rarozzi capi di congiura. Il giorno ultimo di dicembre < 328 fu quello in cui il venerando padre della patria, già ridotto a decrepitezza, tra il compianto generale, pagò il tributo alla natura ; e fu deposto in s. Marco nell’urna marmorea eh’è nella cappella del Battisterio, indicato soltanto dal suo stemma che vi è scolpito. Durante la vacanza del ducato, narra il R.omanin nella sua coscienziosa Storia documentata di Venezia, reggevano le cose della repubblica i consiglieri, che cominciavano le loro lettere colle parole Consiliarii Rectores Fenei., e sigillavano col sigillo del consigliere anziano, giacché appena morto il doge spea-