\e (ruppe venete”. Allorquando però fu pubblicato questo manifesto, molte cose in esso prescritte erano di già state eseguite, e le truppe venete che si poterono prendere prigioniere, d’ordine di Napoleone, ebbero gli uffiziali processati come assassini.Egli scrisse poi al direttorio:»Do-versi cancellare il nome veneziano dalla superficie del globo. Essere frattanto sua intenzione di stabilire in Venezia un governo democratico, ed introdurvi eziandio 3 o 4,ooo uomini”. Il direttorio non si oppose a tutte queste operazioni del suo generale ; e intanto cacciò da Parigi il ministro veneto Quirini, il quale facendo per parte sua quanto poteva, aveva eziandìo tentato di salvare la patria col promettere di sborsare 600,000 franchi al direttore Bai-ras. Ma ingannato in ciò, oppure deluso, nulla ottenne. Del resto, raggiunto Napoleone da’ deputati veneti a Milano, ov’erasi frattanto recato, e inteso l’arresto degl’ inquisitori di stato e del comandante del forte di s. And rea,prorogò l’armistizio per altri8giorni edisse: ’•Essere tulio finito. La Francia non aver più cosa alcuna contro la repubblica di Venezia.Sarebberoquindi restituiti i paesi occupa li ; ma siccome questi erano stati rivoltati a democratico reggimento,avrebbero certamente incontrato difficoltà a riunirsi nuovamente alla capitale, senza partecipare al governo”. S'incominciò pertanto a trattare sul modo di riformare Io stato, e si discusse se si dovessero soltanto cambiare alcuni antichi ordini, oppure si dovesse fare un’ innovazione totale. Napoleone avea ammesso a’negozia-ti il ministro Lallemaut e l’ordinatore in capo Haller (forse quello stesso che poco dopo tiranueggiò Pio VI)\ e dopo le prime conferenze incominciò ad adoperarsi scaltritamente per indurre i veneziani al-lostabilitocambiodelle provincie di Terraferma colle legazioni pontificie. Quindi Haller lusingava talvolta i deputati.«Potersi con un grosso esborso di denaro e col cambio di alcune provincie, accouio- 651 dare ogni questione”. Napoleone poi accostandosi più allo scopo prefisso, soggiungeva che » non solo 6Ì sarebbero restituite a’veneziani le città naturalmente suddite, ma essi sarebbero stati inoltre gli eredi del Papa. Insomma poi riflettessero: o volevano accordare lo stabilimento dell’assoluta democrazia in Venezia, o conservare l’aristocratico governo.Nel 1 .“caso avrebbero ricuperato e ingrandito l’antico stato; nel 2.° avrebbero conservalo le provincie oltre il mare Adriatico,ed a-vrebbero un piccolo territorio di 10 leghe attorno alle Lagune, nel quale sarebbero inchiusi Treviso, il Dolo (dov’e-rano le villeggiature de’patrizi, nota e-ziandio Coppi, col quale principalmente procedo), e forse anché Rovigo”. Ma mentre così trattavasi in Milano, in Venezia la costernazionecresceva. Incomincia vasi già a susurrare: « Essersi a Leoben divise le provincie della repubblica”. Il sequestro dei beni avea avvilito i patrizi; la vicinanza de’francesi incoraggiava i faziosi; il blocco angustiava la moltitudine; il sistema di difesa deH’Estuario non era compiuto, e gli schiavoni che vi erano di presidio, 11011 essendo pagali, minacciavano di ammutinarsi,e perciòinvece d’inspirare fiducia, ad altro non servivano che ad accrescere l’universale spavento. Di-fatti Conduluterchecomandava nelle Lagune, e Morosini che capitanava il presidio della città, protestarono ambedue, dì non aver mezzi sufficienti da respingere un attacco! In tale stato di cose si avvilirono totalmente gli animi de’ primari magistrati della repubblica, ed il timore delle cose presenti divenne l’unica molla delle loro operazioni. Quindi a’ 5 maggio si radunò la consulta straordinaria, e dubitandosi che non ostante le soddisfazioni date 11011 si potesse ottenere una proroga all’armistizio prossimo a terminare,si diedero al Condulmer le istruzioni che: » In caso d’attacco per parie de’francesi, potesse convenire il loro ingresso pacifico iu Venezia, col putto che