356 preaia rappresentanza temporale. Irritalo il Cardinal Gi uliani, si recò a Roma a lagnarsi con Paolo Ili, accusando la repubblica d’avere col suo operato conculcato i diritti dell’ecclesiastica immunità. Ma la signoria a’ i 3 agosto iucaricò Nicolò da Ponte suo oratore in Roma di esporre al Papa le sue ragioni e gli abusi del vescovo, risultanti da documenti.Non-diineno l’affare avrebbe preso grande fuo-co,se la morte a’7 febbraio 1547 non avesse tolto di mezzo il Grimani, e se la prudenza di Paolo III non avesse procurato pel veneto ambasciatore un amichevole componimento. La repubblica concesse al vescovo successore Michele della Torre udinese poi cardinale, la temporale signoria di quel distretto e richiamò a Venezia il podestà Suriano. Le differenze per allora si quietarono, ma solo per ridestarsi in appresso più vive, onde meglio è che qui ne termini la narrativa. Il vescovo della' Torre destramente ot- l tenne con tutta segretezza da Giulio 111 nel 155o, un breve con cui venne dichiarato solo signore c conte temporale di Ceneda sotto l’immediata sovranità e protezione della s. Sede. Rimase occulto il breve, finché nel 1561 insorte alcune controversie tra il consiglio di Ceneda e il vicario del vescovo Torre, mentre questi trovavasi al concilio di Trento, fu prodotto in luce con meraviglia e indignazione della repubblica. Si rinnovarono perciò le turbolenze, che durarono anni; tutlavolta il senato continuò a lasciare in mano de’vescovi la temporale amministrazione del distretto, invece di farla esercitare da un podestà, tanto più che i vescovi erano da lui nominati. Da queste controversie, o pel narrato dal Borgia e da me ripetuto nell’articolo citato, ebbe origine la pretensione di appartenere Ceneda alla sovranità temporale della s. Sede, e la repubblica fece fare un voto o consulto (che si legge nelle Deliberazioni dilìoma, con documenti e allegati,de’9 luglio 161 i)da fr. PaoloSarpi (Il prof. Romanin al tempo di Papa Clemente Vili raccouta come la conto, erasi inasprita, per avere il vescovoMai c’Antonio Mocenigo più vivameute de;1 altri rinnovate le pretensioni, onde ¡ fu costretto rinunziare il vescovato. || cugino Leonardo Mocenigo che il succise, seguì la medesima via, dichiarando tenere la repubblica Ceneda soltanto come feudo del vescovo. Avea il senato vietato al vescovo assolutamente, sulla base del suo dominio temporale in Ceneda e tuo territorio,qualunque appellazione a Ro ma. Clemente Vili a tale notizia mandò nel 1600 un monitorio, e fattolo af. figgere in Ceneda annullò lutto I’ opera to della repubblica, e minacciò della scomunica qualunque mandasse alle appellazioni nitro chea Roma, dichiarando che la giurisdizione di Ceneda non solo spiritualmente ma anche temporalmente spettava pleno jure alla s. Sede. Con tro questo monitorio protestò altamente il senato neli6o3, e provvide vigorosamente che al supremo dominio della repubblica non venisse recato nocumento, ingiungendo al podestà e capitano diTre-viso di pubblicar severe pene a chi osa* se propalare o affiggere in Ceneda alcun alto attentatorio alle ragioni della repub blica. Alfine il Papa cedendo a'buooi uffizi dell’ambasciatore Paolo Partite, e ile cardinali Valerio vescovodiVerona e.Mo-rosini vescovo di Brescia, accolse la pro posizione del senato, che fossero tenuti in sospeso tulli gli atti dell’una parte e del-1’ altra dalla venilla del commissario a-postolico nel 15q3 fino a tanto che si po tesse decidere come da principe a principe il puuto della superiorità. Ciò novenne nell’agosto i6o4- Del resl° sc‘ nato inostravasi disposto a terminar I' questione con qualche buon accomodi mento, quando insorsero altri acculi' che provocarono queU’ostinato conti'11 fra la repubblica e Paolo V pel l;)