ministro inglese presso di lui, ed ebbe l^co una tregua. Considerando Carlo VI clic la guerra mossagli, senza inolivo, Jalla Spagna non si sarebbe limitata alla pieci» della Sardegna, e che ciò saputosi Jal turco, raffreddatosi ne’sentimenti pacifici, nel 1718 faceva grandiosi armamenti, inclinava aucor lui a pacificarsi. Quando veuuto in cognizione Achmet III de’grandi preparativi guerreschi che per detto anno facevano l’imperatore e la repubblica di Venezia,definitivamente volle venire a concordia e v’impegnò pure il ministro d’ Olanda. Pel congresso dei plenipotenziari fu scelto Passarowitz nel-|,i Sei via, dove si radunarono que’ dell’imperatore, de’veneziaui e de’turchi. Il negoziato, dopo molti contrasti, fu segnato a’ 27 giugno e ratificato a’ 21 luglio 1718, consistente in una tregua di 24 anni fra Carlo VI, la repubblica di Venezia e la sublime Porta. Restò l'imperatore in possesso di tutte le conquiste fitte sino allora, cioè della Servia con Belgrado, diTemeswar e d’una particella della Valacchia con altri vantaggi. A’ veneziani restò Butintrò, laPrevesa, Vouizza, (moschi, l’isola di Cerigo, con altri vantaggi,ma non affatto compensanti in menoma parte la cessione de’regni diCandia e di Morea. Fu vietalo a’veneziani di soccorrere altre potenze in guerra contro la l’orla, è di non ricevere ne’loro porti i vascelli di esse.Grande e continuata fu l’indi-gnazione de’cristiani,dice Muratori, con- ilo chi obbligò l’imperatore alla detta pace o tregua; poiché da gran tempo non sera veduta più bella apparenza di dare una forte scossa all’impero ottomano, essendo i turchi spaventati e avviliti. Anzi corse fama , che il principe Eugenio a-'esse meditato d’inoltrarsi a Tessalonica, per darsi mano co’ veneziani, e tagliar fuori un buon tratto dell’impero di Turchia. Certo è che dalla mossa dell’ armi spagnuole provenne la necessità di paci-'carsi colla Porta, essendo minacciato il 1 ouiinio austriaco in Italia dagli auibi- 57t ziosi disegni degli spagnuoli,con gravissimo danno della sagrifìcata repubblica di Venezia.Fu incolpato il Cardinal Alberati! i,° ministro di Spagna dell’operato di questa, e persino di segrete intelligenze di far lega col sultano, che posto in giusto timore Carlo Vl,s’ indusse improvvisamente a troncare il corso alle luminose vittorie del principe Eugenio, vero genio militare. Siccome per molte settimane fu differita la pubblicazione della pace, il generale de’ veneziani Schou-lembourg erasi portato a’ 24 luglio all’assedio di Dulciguo,nido de’corsari nell’Albania, laonde giuntane la notizia quasi in sul punto d’espugnarlo, gli convenne desistere dalle ostilità. Ma nel ritirarsi i veneti, gli audaci dulciguotti l’inseguirono, e fu d’uopo combattere. Di queste cose lamentate con giusto risentimento dagli storici veneti, più gravi considerazioni ora ha fatto il eh. conte Girolamo Dandolo, La caduta della repubblica di Venezia, ed i suoi ultimi cinquantanni. Ripeterò in breve. Venuto li senato a conoscere la determinazione di Carlo VI per la pace, grandemente e per più ragioni se ne amareggiò, ben avvedendosi che se l’armi venete eransi fino allora con poco vantaggio sostenute contro quelle de’ turchi, nessuna miglior fortuna avrebbe potuto giudiziosamente sperarsi, quando la repubblica non avesse dovuto fidare che nelle sole sue forze. Doleva sopra tutto al senato la preveduta necessità, in cui ebbe ben presto a trovarsi, di mantenere in armi per tutto il tempo di quella nuova discordia austro-spagnuola un poderoso esercito (che salì a 24,000 soldati) per difendere la neutralità delle sue provincie italiane, il che nell’a Ito stesso che usci vasi da una dispendiosa guerra sfortunata, dovea riuscire e riuscì di troppo grave peso. Perciò il senato al 1 .“sentore de'maneggi per la pace, col mezzo del suo ambasciatore straordinario a Vienna Pietro Gritnaui, poi doge, s’iuduslriò vivamente a tener lei aio