6afi l’arditissiuio sperimento, i imase illesa Iu fortezza in mezzo al tremendo scoppio, che parve si scuoles>e da'cardini il inondo. Il senato congralula vasi coll' architetto veronese, e questi rallegra vasi con se stesso del l'aver saputo costruire a Venezia un tonto formidabile antemurale”. Infatti, chiunque abbia veduto questo propugnacolo, non può che considerar- lo una delle più mirabili produzioni del-l’umano ingegno, come quella in cui l'architetto seppe con grande moestria accoppiare Iu militaredifesa allo decorosa magnificenza deU’architelturn civile; mentre può dirsi, essere in questo edificio, solidità, convenienza, bellezza ; pregi tutti per degnamente ammirarlo. Che se per noluioli cause, nel decorrere degli mini il riempimento del fondo dell’ocque lo rese opera quasi infruttuosa, ciò uon iscema la gloria di chi ordinò e di chi eseguì l'erezione dt mole così stupenda, alla sua epoco. 1 veneziani ne'nioderni (empi la custodivano a pompa, e da' suoi baluardi sahitavasi co* cannoni il passaggio del famoso loro bucintoro per lo sposalizio del uiare, che descrissi nel n. 13 di questo §. Le Fabbriche di Venezia ci offrono le tavole della porla del Castello e sua pionla , le parli ornamentali , la pianto generale del medesimo, coll'artistica illustrazione del Diedo, già tracciala dal uon meno abilissimo Selva elogista di Saumicheli, clic dal celebre Te* manza. Il Diedo scrisse: Tutto l’insieme spira fierezza e guerresco ardire; ed un nume ispirò la mente e animò la inano dell’esimio inventore, sovrauo maestro e signore di tulli gli stati. Ed il Teroun-za «licitiaiò: Che olla sua epoca ancora, non potevosi fare una difesa così adotta al sito e olle incostanze del mare e de’ca-noli che lo ricingono. Tutti coucoidano nell'encomiare questa saldo difeso della veneziana potenza e la sua costi uzione mirabilissima,avuto riflesso al fondo paludoso e incerto in cui è piantalo il castello; e sebbene sieno trascorsi più di 3 secoli da che l'autore sagacissimo la co-ininciova, terminandosi nel 1571 , sfida esso impavido le minacciose onde che spuntano l’ire al toccar de'inacigni suoi. Servendo ora a sopravvegliore l’ingresso de’navigli leggeri, è bene il narrare col-l’encomiato Tipaldo come negli ultimi tempi volse a rintuzzare l’audacia straniera. Precisi ordini del veneto governo vietavano l’ingresso ad un bastimento armato di qualunque nozione. Il capitano Laugier, armatore francese, che entralo violentemente nel porto di Lido vi giltò 1' ancora del maggiore di 3 bastimenti, detto il Liberatore cVItalia, armato d’8 cannoni (porzioned’uno piccola flottiglia dii 3 legni che da alcuni giorni senz’ innalzar bandiera alcuna si teneva sulle volte nel golfo Adriatico), nulla curando l’intimazione follagli dal Pizzamano, comandante del Lido, rispose coll’arroganza di chi vuole farsi proprio l’altrui, niun porto essergli mai stato chiuso, e s’in-nollrò niinaccievole e furioso. Dal forte i. Andrea e da una galero dì guardia gli vennero scoricate addosso alcune cannonale che gli spezzarono I’allieto di trinchetto , e traforarono a pelo d’acqua il vascello. Egli, quantunque lascialo solo dagli altri due legni che s’erano ritirati, con ¡tazza temerità fece scaricare ('artiglierie contro i veneti bastimenti; ma la ciurma d'una galeotta vicino, composta di soldati schiovoni, accesasi di rabbia, quantunque men numerosa de’neinici,abbordato il vascello, dopo averne colle scimitarre uccisi e feriti alcuni (013 soldati), costrinse il resto ad arrenderti. Al capitano audace fu tronca la lesta, nell’atto che disperatamente colla miccia in mano correva a dar fuoco alla polveriera. I veneti marinari, non conienti della vittoria, fecero preda di quanto trovarono sul vascello, ch'era principalmente carico di munizioni da guerra. Questo fatto pose in ¡scompiglio quasi l'intera Venezia, e come fosse vicino un assalto, affollossi ¡1 popolo ue'sitì più opportuni alla difesa; ma