privilegi del clero «ella fitmosa lite,che nel i649'5o, sotto il patriarca Morosini ebbe a sostenere il clero medesimo contro la curia patriarcale. E’inoltre particolare incombenza del pieno collegio il vegliare sull’esatta osservanza delle leggi, massime sull’elezione delle dignità di ciascuna congregazione, ogni volta che ne succede la vacanza. Ha perciò il potere, se mai ne fosse protratta l’elezione oltre il tempo fissato, di procedervi da perse; di punire i trasgressori confratelli in ogni altra violazione delle leggi, e di privarli, a proporzione delle mancanze, o in tutto o in parte, e sì perpetuamente che a tempo determinato, delle rendite rispettive, e persino di cacciarli dalla congregazione. Tale fu sempre la stima goduta da questo corpo, che nel 158 i furono aggregati alla più antica delle congregazioni il nunzio Lorenzo Campeggi, ed Agostino Valerio o Valier vescovo di Verona e poi cardinale, allora visitatori apostolici di Gregorio Xlll in Venezia, anche delle medesime congregazioni. Le decisioni del collegio furono per più secoli l’estremo definitivo giudizio, tanto negli affali che appartenevano o all’interna amministrazione delle congregazioni, od al buon ordine e alla disciplina di queste, quanto alle materie ecclesiastiche dal clero diocesano portale al suo tribunale. Non sempre però i confratelli delle varie congregazioni si adattavano religiosamente alle sentenze sui casi particolari od anche agli ordini generali,che dal collegio medesimo derivavano. La qual cosa produceva non lievi disturbi talvolta, anzi anche scandali. Perciò il collegio supplicò il vescovo poi patriarca s. Lorenzo Giustiniani nell’ anno i443> ad assumere egli stesso l’incarico A’ arbitro e arbilralore, per esaminare e decidere qualunque causa e per qualunque motivo insorta tra le dette congregazioni, e che il giudizio suo avesse ad essere inappellabile. La scrittura, che gli conferì quest’autorità delegata, è di- 113 stinta affatto dall' ordinaria sua diocesana, come si apprende dall’encomiato scrittore che la riporta. Da essa apparisce, avere il prelato ricevuto dalle congregazioni un’autorità, che non gli apparteneva come ordinario diocesano; e la stessa sua adesione nell’accettarla attesta chiaramente ch’egli prima non l’avea. Quest’autorità amplissima e di supremo grado, siccome a lui delegala non potendo esser trasfusa in altro suddelegato, si fa palese dalla deliberazione presa nel 1465 dal collegio, in occasione che il vicario generale del patriarca Bonditne-rio voleva ingerirsi di ordinaria autorità in materie appartenenti alle congregazioni, stimando di potervi aver diritto, come in qualunque altro argomento relativo all’amministrazione della diocesi. Quello stesso collegio del clero, il quale avea dato al patriarca l’autorità d’ agire come arbitro e arbilralore, dichiarò la sua volontà di non volerne conoscere investito che il solo patriarca , e non già il suo vicario, con atto riferito dal medesimo ab. Cappelletti. Del resto, s. Lorenzo investito dell’autorità di arbitro e arbilralore pronunziò il suo giudizio e stabilì sapientissime leggi regolatrici del buon ordine e del prosperamento di questo illustre corpo, pubblicandole nel i448, ma non giunsero sino a noi. Ad esse nuove discipline aggiunse il patriarca Bondimerio nel 1460; ed altrettanto fece in vigore della medesima autorità, il patriarca Gerardi nel 147Q. Anche delle costituzioni di questi due prelati se ne deplora la perdila. Bensì esiste presso il medesimo autore, la bolla di Paolo IV Ex solita, dell’ 11 settembre i558, colla quale approvò tutte le deliberazioni de’medesimi patriarchi, pronunziate nella qualità d’arbitri e arbi-tralori delle IX congregazioni; e con quest’approvazione, il Papa implicitamente approvò il diritto dell’indipendenza del pieno collegio dall’autorità ordinaria de’palriarchi, e riconobbe in qssì