loro i cittadini di Cari; cioè a dire i corpi degli altri due vescovi, uno chiamato Teodoro, e l’altro Nicolò, ina diverso dal nostro santo, con un poco d’olio sngro che si era trovato nella tomba di s. Nicolò di Mira”. Tale olio dicesi la Manna di s. Nicola, e tuttora in Bari le ss. Ossa ne trasudano in abbondanza. Ne posseggo una piccola cassetta in gnrafìne, donala dall’ arcivescovo odierno di Bari a Gregorio XVI), del s. Titolare, nel riferire la storia della traslazione di sì sagro tesoro, compendiata da diverse descrizioni di essa. Mi limiterò a dire, che i veneziani eccitali dal fervore apostolico d’Urbano 11 nel promulgare nel iog6 la i .* Crociata per la conquista di Terra Santa dalla tirannide maomettana, per cui ne riparlai a Turchia, radunarono numerosa armata navale, destinandone nella basilica di s. Marco rettore e maestro Enrico Contarmi vescovo di Castello, figlio del defunto doge sunnominato, e supremo capitano Michele figlio di Vitale I Michieli, che allora sedeva sul trono ducale. Nella chiesa del monastero di s. Nicola il patriarca di Grado Badoa-ro fece pastorali esortazioni a’ crocesi-gnali e li benedisse. Allora il vescovo Enrico avanzò una profetica preghiera al s. Titolare, perchè prosperando l’impresa, 10 rendesse degno d' arricchir Venezia col trasporlo del suo s. Corpo. Giunta la flotta presso Mira nella Licia, il vescovo Enrico la fece fermare, e a’3o maggio mandòe*ploratori nella città per farne ricerca. 1 custodi della chiesa dissero solo esistere un’ arca di marmo rotta, dalla quale que’ di Bari trasportarono parte del corpo di s. Nicolò il Grande, e 11 resto lo trasse l’imperatore Basilio per portarloa Costantinopoli,e ignorare ove Io ripose. Insistendo i veneziani, e recatosi nella chiesa anco il vescovo, dopo a-ver ottenuto i corpi de’ss. Teodoro martire e Nicolò ambo predecessori nel vescovato di s. Nicolò il Grande, e il a.® pure suo zio, gli riuscì di scuoprire il luo- 6i5 go ove avea nascosto l'imperatore il corpo del medesimo s. Nicolò il Grande, non avendolo potuto trasportare nella sua capitale; e giubilando d'inesprimibile gioia lo portarono alle navi,e si condussero a Gerusalemme, giù conquistata dal re Golfredo. Indi combatterono contro i saraceni, e conquistate varie città di Palestina, si restituirono a Venezia nel giorno sagro al santo. Il doge, il patriarca gra-dese, la nobiltà e d popolo con divozione c entusiasmo festeggiarono l’arrivo de’ss. Corpi,e tutti 3 furono collocali nella chiesa di s. Nicolò, in nobile e diviso sepolcro di marmo. Il Corner narra ancora le diverse invenzioni de’ss. Corpi accompagnate da prodigi,da loro uscendo miracoloso liquore e soavissimo odore. Divenuta perciò celebre questa chiesa, il vescovo di Parenzo Bertoldo le donò nel i ( 14- la chiesa di s. Anastasio e altre chiese e possessioni ad essa spettanti nel territorio di Parenzo ; e nel i 133 Pellegrino patriarca d’ Aquileia donò l’abbazia di s. Pietro di Carso. Queste e altre donazioni, con privilegi, confermò e concesse al monastero l'imperatore Corrado 111 nel 1151 ,e più tardi da Federico 11, e prima di lui da Papa Urbano III furono confermati. Intanto i monaci ricusandosi di rendere al vescovo di Castello le solite onorificenze nel giorno festivo dell’Ascensione, vi furono obbligati dalla pontifìcia autorità. A questi tempi deve ascriversi la celebre Dispaila (A*.) data da Alessandro III, ad istanza del doge Vitale II Michieli, per cui ne riparlo nella sua biografìa nel § XIX, dogado 38.’, al veneto I». Nicolò Giustiniani monaco sacerdote professo di questo monastero, di lasciare l’abito monastico e continuare col matrimonio la successione dell’ illustre sua casa, di cui era il solo superstite, per essere morti gli altri di veleno per perfidia dell’imperatore greco Eminauuele Comneuo, secondo Corner. Ottenuta numerosa figliolanza, si divise dallu moglie, la qua-