taglie. E’ una lingua di terra, 8 miglia lunga e meno che 100 passi nella sua maggior larghezza, sbattuta ad oriente dall’Adriatico, all’occidente lambita dalla Laguna, con a sinistra, guardando il aia-re, il porto di Malamocco e a destra quel- lo di Chioggia, del cui distretto è uno de’ comuni. In breve, è la continuazione di quel Lido o lingua di terra che dal mare divide le Lagune, e su di e>sa si trovano per la maggior parie i famosi Murazzi, di cui nel§ 1, n. 3, e dovrò riparlarne in appresso e meglio nel n. 33 di questo § come loro termine. L’isola è descritta con eleganza da Giovanni Velu-do, segnato N. ne’ Siti pittoreschi, ed io me ne gioverò. Ivi si offre la veduta della chiesa di s. Vito egregiamente disegnata da Vincenzo Sgualdi e intagliata da Marco Corniralo. Movendo da Venezia a visitare quest’isola, primo incontrasi un campanile, che si alza tulio solo in mezzo all'acqua. E il campanile dell’antica chiesa di s. Pietro in Volta, eretta da’ Marcipagani nel silo stesso ove sorgeva un tempo la distrulla Albiola, il cui porto s’interrò nel i44^> e conceduta a’ romiti perchè l’ufiiciassero. Pare che colà il Lido fosse già alquanto più largo, mentre rimane memoria d’un bosco ivi esisleule nel i 170, e chiamalo bosco di Pelestrina, il cui litorale dicevasi territorio, vi si attendeva alla coltivazione de’ vini, e per un documento si conosce chi vi possedeva un allodio. Ma da molti anni quel campanile non iuvila più alle preci i buoni religiosi. Poco discosto da esso, allra voce di bronzi sembra invece pronta ad uscir dall’alto e fol le torrione di s. Pietro in Volta e da’ 5 bastioni e-retli a difesa del porto di Malamocco. Però la chiesa, trasportata un miglio più avanti nella borgata, sollo l’invocazione del patronos. PielroApostolo, fu riedificata in miglior forma nel 1646 a spese degl’isolani, i quali l’ampliarouo inoltre a’ nostri giorni e l’ani mattonarono. Le si dà comunemente il nome di s. Pietro delle Sardelle, poiché dalla pesca di tali pesciolini, abbondanti in quell’acque,proviene a’poveri abitanti il maggior lucro, e quindi l’unico mezzo a’rninuti risparmi co’quali fu alzato e decorato il sagro e-difizio. Narra la tradizione volgare, che cesiate l'oblazioni al santo protettore , i fedeli furono castigati con isterilì pesche, quindi gli offrirono una sardella d’oro. Un altro dono più credibile è quello che viene offerto ogni anno dagli abitanti di Pelestrina ad un’ altra delle loro chiese, quella di s. Antonio di Padova. Sorge essa vicina a non breve tratto dell’isola scompartito in ortaglie feracissime di poponi, cocomeri, zucche ed erbaggi d’ogni specie. Nella festa del santo, il più bello e meglio cresciuto de’poponi di quell’or* taglie, spiccasi dalla pianta benché acerbo, e fasciato di fettucce si appendeal suo altare. Quivi resta richiamo alle preci de’divoti e quasi caparra di benedizione; nè dissecca del tutto, ch’è giunta la stagione de’copiosi raccolti, e cominciano a vedersi barche di più misure, cariche di poponi e cocomeri e canestri di frutta, tragittare a Venezia. Non è raro che la donna, già partecipe alle fatiche agricole del marito, preso il remo, aiuti alla celerità della barca non meno forse di quanto potrebbero braccia maschili. Questa forza e destrezza singolari, che ora non hanno per testimonio neppure il sole, domandandosi a que’tragitti, come più fresca, l’ora notturna, fecero un tempo mostra di se ne’ veneti canali a una grande popolazione. Le pelestrinot-te, vestite di corta gonna all’ortolana, colla casacrhina breve e aperta sul davanti, le pianellelte di drappo , e il cappello largo e schiacciato per modo di quasi raffigurare i nazionali canestri, corsero anch’esse, sopra agili barchette, la gara della regata, e se ne disputarono il premio fra le acclamazioni e le meraviglie de-gl'innumerabili spettatori. A Pelestrina propriamente detta sono invece quasi lavoro muco delle donne 1 merletti di rete,