3 ?6 fossero contribuiti a'ragazzi ducati 20 per un piccolo allestimento, ed alle ragazze ducati 5o per dote. Piegava di trovare il luogo, per collocare dette persone,che sarebbe bene (diceva) fosse uno degli spedali, in riguardo anche alla minore spesa; inoltre lasciando ducati 10 mila per I’allestì mento. Supplicava in fine gli eredi e commissari suoi testa-mentarii ad impiegare la loro umanità e. religione acciò li pa zzi siano trattali con carità, e si cerchi di risanarli, e che li ragazzi oltreché nella Religione siano istruiti in qualche mestiere, ovvero consegnali a qualche onesto villico. Quale ne fosse poi la cagione, è certo che la rendita del capitale così nobilmente elargito fu per lunghi anni destinata al solo istituto de'pazzi, di cui nel § XVIII, 11.10. Rivendicata però a par-titolar merito della commissione generale di pubblica beneficenza, discorsa nel numero precedente, la metà del legato, fu nel 1829 coniinciato u far godere alla classe povera artigiana di tanto benefica disposizione, erigendosi ur. istituto, ben giustamente col nome del pio fondatore chiamato Istituto Manin, e quindi disciplinato con Regolamento del 1 ."maggio i833, che poscia più volte si modificò, come nel novembre 1 836 all’apertura dell’ istituto, a merito della lodata commissione, con Regolamento stampato dall’Andreola ; e colla riforma del 1849 si stabilì di consegnare all’ istituto del benemerito mg.r Daniele Canal,del quale tenni proposito nel§ X, n. 68, le fanciulle diesi andassero raccogliendo, per quindi spedirle (come già prima facevasi) alla campagna, ove avessero a rimanere sino all’età d’anni 1 2, onde poi collocarle ne’diversi-istituti pubblici o privati di Venezia e fuori. E non essendosi trovato conciliabile il ricovero de’fanciulli in alcuno degli esistenti opedali o ospizi, com’era desiderio del testatore, determi navasi di mantenere alla campagna quelli al di sotto d’anni 12, per indi iniziarli iie’mestieri presso a probi e idonei artieri di Venezia, allogandoli perla vita in comnne nel locale già della fraterna generale de’poveri in s. Antonino. Qui il conte Sceriman deplora il non remoto pervertimento del popolo nel linguaggio, di cui egli co’suoi concittadini veneziani si dice testimonio, impregnatosi d’imprecazioni, di bestemmie, d’oscenità, anche celiando; trasfusosi rapidamente sino a’ fanciulli, che a giudicarli dalle parole sembravano già eruditi in ogni maniera di sensualità e di stravizzo, appena sciolti dello scilinguagnolo. Il conte già avea tenuto non dissimile discorso nelle diverse scritture concernenti le classi popolari, rammentate dal eh. conte Agostino Sagralo ne’ suoi pregevoli Studii storici sulle Consorterie dell’Arti edificatorie in Venezia, con queste parole: » I bambini, gli adolescenti, pronunziano frasi e voci, che in principio non intendono, ma intanto cominciano ad insudiciare quel-l’anime vergini con macchie, segno precursore di futura gangrena. E nessuno ci bada, e l’esempio non di rado viene da’ genitori. E pur troppo dobbiamo confessare che pessimo esempio e assai frequente di codesta bruttura, a’garzoni, lo danno i padroni delle botteghe, i lavoranti, e al parlare laido, all’ingiurie scaraventate specialmente alla madre del garzone, irosamente, non di rado si aggiungono le busse. E quel parlare e bestemmiare i putti ripetono per le vie, ne’ giuochi : parlare e bestemmiarci1 ora continuo. Triste verità, semente di mali futuri, che non può negarsi che vorrebbe riinedii efficaci. Ed è per ciò che sarebbe desiderabile sieno per crescere gli asili d’infanzia ; per codesto ch’è desiderabile che presto le beneficenze larghissime di Giambattista Sceriman concedano che nell’interno dell’ istituto Manin siano educati i fanciulli ricovrati, anziché sparpagliati per le botteghe, nelle quali, quand’anche da padroni buoni e caritatevoli non abbiano mali esempi,li bau-