ioG peliendi defunctum saecularcm , secitn-thtni usum Patriarchatus Fenetiarum. La chiesa ove si conservava questo rito Patriarchino, era quella di s. Marco; in essa si ebbe cura di conservare un riio tanto antico, e non eia Costantinopolitano, come opina il Sansovino nella / e-nezia illustrata, il quale dice: che l’ordine d'ufficiare questo Sacrario è secondo V uso della Chiesa Costantinopolitana, ma non pero molto differente dalla. Rotnanajoppure Alessandrino,come altri dicono, i quali riti nessuno ignora essere greci. E di fatti, osserva il Cor-naro (EcclesiaeVenetae antiquis mona-mentis, decade13, par. i, p. 210), come ìr.ai poteva essere Costantinopolitano, quando in Costantinopoli si leggevano, secondo il Marlene, le Profezie, 1’Epistole e i Vangeli negli idiomi greco e la* tino, e ciò per due ragioni: 1perchè »’intervenivano greci e latini ; 2.° per indicar l’unanimità di questi due popoli (in più articoli ragionai che ne’solenni pontificali celebrati dal Papa, a denotare 1’ unione della Chiesa latina e della greca si canta 1’ Epistola e il Vangelo ne’ due idiomi); cose che al rito nostro non convengono certamente ? Aquileiese dunque, o Patriarchino era quel rito, che tanti malamente interpretarono. Lungo per un articolo sembrò all’ab. Diclich l’istituire un confronto generale tra’due riti, e bastare confrontarli in alcuni punti soltanto, onde provare la verità del suo asserto. Avendo esaminato il De Rubeis, in cièche riguarda il rito antico d’Aquileia, trovò esservi un’analogia quasi perfetta con quello di s. Marco : i.u Nel venerdì santo,eli riporla ambedue,a riserva della processione che si faceva nella sera, o dopo il vespero di detto giorno, la quale benché fosse di rito romano antico, che pure produce, tuttavolta in alcune cose era proprio di Venezia soltanto, e non aquileiese , giacché in Aquileia si faceva altrimenti , e tosto ch’erasi compita la messa de’Presantificati. 2.° Nelle Litauie che ad onore di Maria cantavansi il sabato in detta basilica, riportando i due riti, e non passarono ancora 7 lustri (forse dall’epoca della 1/ edizione del suo Dizionario, che pubblicò nel 1823), dacché si sospesero per sempre. Ciò prova dunque, essere d’ origine aquilese non solo il rito veneto, ma quello eziandio che si teneva come proprio di s. Marco; il che dimostra non esservi stato a Venezia che un rito soltanto. Importando il sapersi in secondo luogo, cosa poi fosse di fatto, sostiene sin dalle prime esser egli Gregoriano, poiché tra loro questi due riti non differiscono. E il Cardinal Bona dice, che tutti i riti partono dal Gregoriano, e altro non eccettua che quello dell’ Uffizio,-tura Ambrosiana (V.)j istituito per la chiesa di Milano da s. Ambrogio. Per provare tal verità, si confrontino pure il Messa le Aquileiese col Sagra mentarioG re-goriano, e si vedrà: i.° Che 3 sono l’ora* zioni per ogni messa in ambi assegnate. 2.0 Che q sono le Prefazioni in essi stabilite. 3.°.Che in tutti e due vi sono Lezioni, Epistole ed Evangeli. 4-° Finalmente che I’ Introito, il Graduale e l’Of-fertorio sono in essi quasi uniformi. Che ciò sia di fatto l’accerta il visitatore apostolico Bonomo vescovo di Vercelli, il quale nella sua visita fatta in Aquileia neli57g d'ordine di Gregorio XIII, così dice: Missalia Ritu Patriarchino ... a Missali Romano nulla f-nne alia re differitili, nisi dierum aliquor Dominico-rum ordine, et ss. Trìnitatis festi diei, qui in aliud tenipus translatus est. Non dissimile pur anco dal Gregoriano é I’ a-quileiese in ciò che riguarda l’Uffizio Divino, poiché il Salterio nelle Ferie e le Ore è distribuito Romano more. L’An* tifone, i Respousorii e i Versetti si trovano nel Responsale Romano e nell’Anti-fonario di s. Gregorio, che divulgarono i Maurini nel t. 3 dell’ opere di quel s. Papa. Che la chiesa, in cui vedevasi prima de’suoi cambiamenti (che un tal rito sia andato soggetto ad innovazioni ocor-