488 mento a3 gennaio i323. Dal canto loro gli schiavi, onde affezionarsi l’animo dèi padrone, e possibilmente addolcire cosi la barbara situazione in cui si trovavano, non ommetlevano di adoperare fascini, atti secondo la loro malizia, o benanco buona fede, ad ottenere per forza d'incanto lo scopo cui tendevano le passioni dc’loro signori : v'erano beveraggi e misture per appagar l’odio, la vendetta e l’amore. Gli orientali tutti e i greci furono sempre conosciuti come sperlissimi nelle malie e inclinati alla superstizione, in modo che giungono a credere che le persone, gli animali e le cose possano ricever danno ove si guardino con occhio invidioso e maligno ; credono alla ridicola e degradante iettatura, come tanti coltissimi italiani ! Ora facendo i veneziani lunga dimora in oriente, naturalmente accrebbero colle superstizioni di tatti questi popoli il coi redo di quel Tal-tre molte di cui andavano essi stessi grandemente imbevuti. Imperocché allora credevasi in Italia che la cattiva raccolta, le inondazioni eie grandini fossero o-pera del Demonio, che una Strega o un Mago o negromante avesse il potere di cambiare il grano buono in loglio e carbone, e che la massima influenza esercitassero sopra alcune malattiespecialmen-le di fanciulli. I principi erano circondati da maghi e da astrologhi, a’cui colisi -gli piega vasi il fiero animo d’JEzzelino 111 da Romano. Da tullociòagevolmente si può inferire, come e quanto esser dovesse auche in Venezia il fascino, e nello stesso tempo si devono scusarei veneziani, se attorniati da incantatori vi prestassero fede. Ma crescendo le fattucchierie in eccesso, o cominciando piuttosto le inenti a illuminarsi e a conoscerne tutta la stoltezza, una legge fatta nel i4io dal maggior consiglio severamente le proibì, minacciando gli schiavi di tortura (altra prova che ancora erauvi schiavi in Venezia), ove interrogati sulle loro malie avessero guardato un ostinato silenzio. 5. Capo Vili. Degli Spettacoli.Compagni della Calza. Teatri. Tornei. Regata. Nel principio del secolo XV si formarono alcune società di persone bennate e gentili, le quali altro scopo non avendo che di festeggiare, di dare concerti di musica, torneamenti, e quelle certe farse che si appellavano rappresentazioni, l’anima erano proprio di tutti gli Spettacoli, ne accrescevano il decoro e la magnificenza, e grandemente il popolo dilettavano. Queste società, nelle qua li sembra che vi fossero pure ascritte delle donne e di diritto sempre le mogli degl’individui che le componevano, dette furono Compagnie della Calza, poiché si stabilì che l’impresa loro dovesse stare nel colore d’una dellebrache(le quali essendo lunghe cassettate si chiamavano in Venezia a vicenda eziandio Calze), diverso da quello dell’altra, bizzarria già usala nelle festeanche nel resto d’Italia ; ovvero nel portare una di queste brache a più colori partita per lungo o per traverso, o di rabeschi fregiata, o finalmente con uno scaglione e ricamo sormontalo da stelle. Ogni società assumeva una parti-tieolare denominazione, per cui vi furono quelle de’Pavoni, degli Accesi, de'Sempiterni, de Cortesi, degli Eterei, de’Floridi, de’ Reali ec., ed ognuna aveva un capo col nome di priore, un sindaco, un segretario, un notaio, un cappellano, un messaggio, e valenti artisti e pittori al proprio stipendio. Tiziano Vecellio fu al soldo de’Sempiterni, Palladio e Federico Zuccari, come dirò in appresso, ope- • rarono per un’altra compagnia, di maniera che non poco all'incremento delle belle arti contribuirono anche queste so-cielà, e più agevolmente si comprende come Veuezia fosse tanto ricca di preziosi dipinti, se neH’esecuzione dell’opere le più indifferenti venivano impiegati i più famosi pennelli. Non potevasi però ordinare nessuna compagnia senza il permesso del consiglio de’ Dieci, ma l'approvazione ottenuta, erettosi iu un de’