10 d’una festa cittadina die mosse dalla magnanimità del monarca, dalla gratitudine de’veneziani e dalle certe speranze della loro iniziata floridezza”. Indi lo stesso Giornale di Roma col n. 176 del 1851 ci diede lo scritto a’21 luglio stesso a Venezia dal Corriere Italiano alla Reii hszeitung. » Venezia spera per mezzo del porto franco di riaversi da quello stalo di miseria , in cui 1’ ha gettata il turbine della rivoluzione. La scelta di merci straniere attirerà a Venezia gli a-bitanti delle ricche provincie dell’A Ita l-lalia, guadagnerà il negoziante e l’artiere, il basso popolo trarrà immediatamente profitto dal movimento, e forse che questo modo,attesa la perdita dell’energia nell’esercitar affari, i quali richiedono coraggio e spirito d’intrapresa, era I’ u-nico che potesse rialzare la città. Uomini stimabili sono di questo parere, e noi, ora che la cosa è compiuta, non vogliamo più oltre seco loro disputare. Speciale attenzione frattanto merita certamente l’intenzione che si ebbe riguardo all’interesse commerciale della monarchia, nel ripristinare il porlo franco. Era da sciogliersi la questione, atteso l’attuali circostanze, di recare pregiudizio meno che fosse possibile all’altre provincie dell’impero. Un uomo segnalato nel maneggio degli affari, il sig.' de Czoernig, capo-sezione del ministero di commercio, ebbe specialmente in vista questo problema nelle sue proposte. Due aditi principali, 11 canale di Malamoccoe il canale di Lido , guidano nel porlo. 11 territorio del commercio libero è stato ridotto entro a’ confini che gli venivano assegnati dalla patente sovrana dell’anno 1829; Durano, che nel 1846 venne aggi un lo al porlo franco , ed era divenuto la sede d’ un contrabbando considerevole e difficile a impedirsi, ora è stato escluso da questo pri • vilegio. Una zona naturale richiude come prima il porto franco, ma de’ saggi provvedimenti sono stati presi riguardo al commercio compreso entro questa zo- 545 na. La condotta delle merci non si potrà fare che per la via de’grandi canali sopra menzionati, ma ne’canali piccoli soltanto di facile passaggio al commercio di contrabbando, poiché in essi si sapeva scansare facilmente qualunque sorveglianza, qualunque barca con carico di merci potrà essere confiscata senza ulteriore visitazione, come mercanzia di frodo. Ma anche questa misura si sarebbe dimostrata fin dal principio come insufficiente, se non si veniva ad aggiungerne ancor un’altra, l’er I’ esercizio del contrabbando ne’piccoli canali serviva una certa qualità di barche chiamate vipere, che sono molto strette, terminate in punta e così leggere e snelle, che il contrabbandiere nell’acque delle Lagune riusciva assai fàcilmente d’illudere la sorveglianza de’gabellieri. Queste barche pericolose verranno adunque del tutto estirpate, la loro destinazione è nota; inoltre qualunque altra barca verrà contraddistinta da una marca, e forse che, mercè una savia esecuzione di tale misura, si riesca finalmente a vincere la perniciosa abilità del gondoliere veneziano. Ancora un punto era da stabilirsi; il rapporto de’fabbri-canti della città col restante territorio doganale. Venezia abbisogna di trasportare i prodotti delle sue fabbriche nell’al• tre parli dell’impero. In massima parte questi non consistono che in lavori di pelli e di cera, poiché gli altri grandi rami dell’industria, è già lunga pezza che hanno cessalo d’essere esercitali. Quelle fabbriche, le quali già esistevano innanzi lo scoppiare della rivoluzione, godono il privilegio della libera spedizione nel territorio doganale, tutte quelle poi che verranno erette in seguito abbisognano d’una licenza del ministero, acciocché sotto la protezione delle fabbriche non sieno introdotte di frodo merci estere. Convien concedere, che dal modo con cui queste condizioni verranno adempiute, dipenderanno sì i vantaggi che gli svantaggi del porto franco”.^ Il porlo franco ristabilì-