Ì^e ali, e del nimbo intorno al capo, dice: » Dee considerarsi come effetto di solenne ignoranza quella falsa diceria del volgo straniero, che schernisce noi veneziani, perchè formiamo sotto la specie di un leone alato ed ornato col nimbo,il simbolo di s. Marco, cli’è nostro principale protettore, giacché per rito antichissimo della Chiesa vedesi da per tutto quel s. E-vangelista in colai guisa rappresentato . Si ponno vedere, Doering, De alatis imaginibus a pad veleres, Gothae 1785. Juncker, Disserlalions sur les divinités alléesj trad. par Jansen. § II. Palazzo Ducale. Prigioni delle de' Piombi e dei Pozzi. Ponte de’ Sospiri. Biblioteca Marciana e Museo. i. (I Palazzo ducale, già sede augusta de’ dogi e della signoria, guarda con un hi lo sulla Piazzetta, coll’altro sul Molo, col terzo sul rivo o canale di Palazzo, col quarto s’appoggia alla Basilica. Posto tra levante e ponente, desta sorpresa e meraviglia ad un tempo coll’ imponente sua mole, colla singolarità, ardimento e magnificenza della struttura ¡¿ed architettura distile impropriamente appellato gotico (del quale riparlai nel volume LXXI, p. i33, LXXI1I, p. ■ 334), sebbene in gran parte non sia nè gotica, nè romana. Tutte le cronache venete sono d’accordo nel riferire, che il doge Angelo o Agnello Partecipa-zio, che regnò dall’810 all’827, abbandonato 1’ antico palazzo tribunizio presso la chiesa de’ss. Apostoli, uno più vasto e ornato n’eresse presso la chiesa di s. Teodoro, nel sito in cui oggi trovasi la chiesa di s. Marco e il palazzo ducale. Vi eresse una cappella ducale con suo primicerio e clero, i quali poi furono trasferiti nellaBasilica propinqua dopo la sua edificazione, come dirò nel § VI, parlando del suo primicerio e clero ducale di s. Marco, nella cui sagrestia v’hanno armadi e portelle di uoce intarsiate di le- '9 gni a colori, le quali conservano le prime m e morie di quelle fabbriche antiche, e dello stato della piazza a quel tempo. Il palazzo divenne successivamente magnifico. Soggiacque a varie vicende ed incendii, ultimo de’quali fu quello del 1577 ; cui fece mirabile riparo l’architetto Antonio Da Ponte. Nella ricostruzione dell’ odierno, dice il Cicognara, non rimase d’ appartenente all’antichissimo, se non l’area con molti fondamenti e con alcuni muri maestri dalla parte del così detto Rivo di Palazzo incontro alle prigioni. L’ attuale palazzo poi è opera dell’ architetto Pietro Ba-seggio, aiutato poi da Filippo Calendario, opera eseguita nel lato del Molo e in parte sulla Piazzetta nella prima metà del secolo XIV, e compiuta quasi sotto il dogado di Marino Falier, di cui il Calendario partecipò alla congiura, e n’ebbe comune l’ultima tragica sorte. Il medesimo Calendario è riputato anche lo scultore di quegli storiati capitelli, condotti con certa pratica di leggero tocco, mirabili per l’epoca in cui furono fatti, ma più mirabili per quello cheiap-presentano. N’è specialmente bizzarro il capitello XIII (cominciando a enumerarli dalla parte della chiesa), poiché negli 8 suoi comparti offre altrettante epoche della vita dell’uomo. E pur degno di sommo studio quello sull’angolo presso la Porta della Carta, scolpito però da uno della famiglia Bono, dopo il 1426, il quale ai padri della patria, che entravano, ricordava la giustizia nel giudizio di Salomone, e la clemenza di Traiano che soccorse la vedova, essere fondamenti del buon governo. Questo sontuoso edificio fu continuato sullo stesso disegno nell'ultimo citato anno, sotto il doge Francesco Foscari. Tanto il lato verso il Molo, di 71 metri e mezzo, quanto 1’ altro sulla Piazzetta di 75 metri,posano sopra una serie d’arcate,quel- lo di 176 questo di 16, sostenute da marmoree robuste colonne, con capitelli