mgione. Divampò il nuovo ospizio per un incendio insorto nella notte del giovedì santo i485. Ma la pietà de’ confratelli assistita dalla munificenza pubblica, che assegnò circa 5ooo ducati a ripararne i danni, lo fece risorgere più magnifico e ampio dalle sue rovine, ed in breve la scuola per la sontuosità delle fabbriche, e per il pregio dell’ eccellenti pitture, venne annoverata tra’primiornamenti della città. Ne’venerdì di marzo i confrati esponevano con pompa una ss. Spina; e tra le altre ss. Reliquie, si pregiava possedere porzione della Tonaca incon-sutile del Signore. Il Diedo nelle Fabbriche di Venezia illustrò 4 tavole dell’edi-fizio magnifico della scuola di s. Marco, il quale maestoso elevasi nella gran piazza de’ss. Gio. e Paolo, a mano manca di chi osserva l’omonimo sontuoso tempio. L’ ornatissima fabbrica fu murata sulle vestigia della distrutta dal fuoco, e vuoisi condotta sul disegno datone da Martino Lombardo, che in quest’opera superò se stesso: tanto è vero che le occasioni ed i grandi mezzi sono acutissimo stimolo a’nohili ingegni per oprar meraviglie. Presume il Temenza che il celebre fr. Francesco Colonna detto Polifi- lo, domenicano del propinquo convento, possa aver giovato l'architetto co’suoi lumi, ispirandogli il gusto della nobile antichità, del cui sapore non poco risplende 1’ edilizio. La fronte di questa fabbrica, la quale si presenta per tutto il campo sopra una sola linea, offre due prospetti, l’uno diverso dall’altro, sebbene abbiano comuni i due ordini principali. La facciata, intonacata di scelti marmi, è riccamente adorna di eleganti lavori scolpiti per la massima parte da Pietro Lombardo. Fiancheggiano le due porte 4 bassi-rilievi con prospettive di mirabile efFet-to: in duedi questi primeggiano due Leoni al naturale, ed alcune azioni di s. Marco nell’altre: opere tutte di Tullio Lombardo. La maggior porta è sormontata da un arco sostenuto da colonue fregia- 3 69 te delle più fine ed eleganti sculture. Le statue sovrapposte si scolpirono da quel Mastro Bartolomeo che fece la porta della Carta adiacente al palazzo ducale nel secolo XIV, ed appartenevano a questo stesso ediTizio prima dell’incendio solfer-to nel XV secolo, dalla cui voracità furono salvate, dopo del quale fu, nel detto 1485, ricostruito. Anche l’interne sale sono ricche di bassirilievi scolpili in marmo, e d’intagli in legno. L’ altra porta, alla maggiore propinqua , mette ad un atrio che dava accesso alla cappella dellj già scuola della Madonna della Pace; in esso trovavasi il cadavere del doge Marino Falier decapitato perchè tentò di rovesciare la costituzione fondamentale della repubblica. Dice il Sanudo, che il sepolcro era un cassone di pietra con l’e-pigrafe://e/c jaceldominus Marìnus Fa-lelro dux. Soggiunge che per quella tomba si compose ¡1 distico, e secondo altri fu scolpito sull’ urna: Dux Venetum ja-cet hic, patriam qui perdere tentans, -Sceplra3 clecus, censwn perdidit, atque caput. Convertiti questi locali ad uso dell’ospedale ci vico,quel tumulo fu distrutto, riparlandone nel dogado 55.° del § XIX, nella biografia delFalier.Ne’soflilti esistenti nella scuola si trova a meraviglia congiunta la semplicità de’comparti all’eleganza e sceltezza degli ornamenti. Anche il Meschini dichiara, che la scuola che fu di s. Marco , non può essere nè più ricca, nè meglio intagliata. Trova mirabili i ricordati bassirilievi, co’due Leoni, e con s. Marco che dà e la salute e il battesimo a s. Aniano. Que’ porticati in prospettiva, condotti con sì poco rilievo, mettono meraviglia a chi sa. Pel decreto dunque de’a3 aprile 1810, soppressa la scuola di s. Marco e l’adiacente convento de’ domenicani, ambedue gli edilìzi furono aggiunti all’ ospedale civico, rendendolo così più ampio e capace per 1200 ricovrali, quanti comunemente sono. Ivi sino al cader dello scorso secolo, sotto il nome d’ospedale de’Mendicanti,