contemplazione del bello.E siccome,continua il eli. autore, al dir de’ filosofi, non potino durar lungamente in un medesimo stato le cose umane, le quali dopo aver toccato la più alta meta di felicità, devesi attendere in breve il decadimento; idea rinchiusa dall’ antica sapienza nel continuo girarsi dell’instabile ruota di Fortuna; cos'i tramontati que’ luminarie venuto il giovineJacopoPalrna nato in Venezia,dal bergamasco Jacopo il vecchio, cbe pure della virtù de’maggio-ri era ricco, ma non da poterne sostenere il confronto, a poco a poco degradò la pittura ; poiché obbliato gli artisti lo studio del vero, e datisi solo a operare di pratica, posero in campo quella fatai maniera che fu poi cagione ancor più si perdesse in profonda notte i magistrali precetti lasciati da’ primi campioni. Tuttavolta dimostra l’autore, che tale epoca non fu del tutto povera d’ ingegni, mentre oltre il Palma laudato, il Corona, il Vicentino, l’Aliense, il Piazza, il Contarmi, il Vecchia, il Varot-tari, il Salmeggia, conta vari altri coloritori di merito, che seppero tenersi di* scosti dalla scuola de’ tenebrosi, ed evitando il comune naufragio, tennero ferini nelle buone massime. Tale fu il 5.° periodo della pittura veneziana. Coti Andrea Celesti die’comi nciamento al 6.° con ¡spiegare le cause per le quali la veneta pittura degenerò nel gusto, dimenticò quasi del tutto i sani precetti degli antichi, perde l’originale carattere; e pe’stili stranieri seguiti allora dagli artisti, precipuamente digradò nel colore; quella scuola cioè che sempre avea tenuto il pr imato nel colorito, cominciò ad alterarlo e per renderlo più brillante Io fece meri vero, rimanendole solo il macchinoso della composizione ; di che se ne hanno testimonianze dalle colossali opere dello Zanchi, del Molinari, del Fu-miani e del Ricci. In Gregorio Lazzari-rii, nel Tiepolo e nel Cignaroli si conservarono i germi del gusto e della ve- 519 lieta tavolozza, i quali prepararono nel seno delle Lagune il risorgimento dell’arte, il cui decadimento tutti risentivano meno i vedutisti. E vero che fin dal i 724la repubblica disponeva, e nel 1766 ultimava I’ esecuzione d’ una magnifica accademia di belle arti, a similitudine, come il decreto ordinava, delle principali d’Italia e d’Europa, e con il medesimo ne parlai nel § XIV, u. 2 ; ma vi voleva un genio, che richiamati in vigore i prischi esempi e lo studio indefesso sulle greche opere, desse quella spiuta valevole a far risorgere le arti avvilite. Canova fu questo genio, e la terra che il produsse fu veneta, onde avesse ella il vanto, come ne’ secoli scorsi, di diffondere prima per l’Italia le norme del bello già pur troppo obbliate. Nell’ ultima e 7.“fi-poca dell’arte pittorica della scuola veneziana, in cui per le cure prese dal pubblico, per 1’ aperte accademie, e più di tutto pe’ genii che sursero ad illustrare l’ai ti italiane, quale il Mengs coll’ opere, il severo Milizia cogli scritti artistici , ed il genio di Canova colla scintilla del fuoco sagro cbe in dono avea avuto dal cielo, l’autore intesse una corona a que’ celebrati che sollevarono nuovamente la veneta scuola di pittura all’ italica gloria, e fecero che fr» le straniere nazioni sia ancor salutata regina e maestra infallibile del colorito. Vi furono pittori della vecchia scuola,che videro il risorgimento dell’arte e non ne profittarono, ad outa che Canova colle sue opere mostrò le norme del bello. Cadeva la repubblica veneziana nel 17q'], Dopo sì lungo e saggio e forte impero, E tal che esser parea dovesse eterno, e cadeva per quella ignota forza di natura che solve e trae a rovina ogni cosa mor tale onde riprodurla sotto forme novelle. E siccome dall’eccidio di Troia nacque la romana potenza, cosi dalle rovine di questa sorse la gloria de’primitivi veneti; e quando i francesi l’ebbero ecclissata, dopo rapide e varie vicende, erede dell’uuli-