6i8 al’ mino è assegnata la pretesa sconfìtta (luta da’ veneziani alla flotta imperiale; mentre nel medesimo anno colla sentenza da lui confermata, assicurò til vescovo di Castello il diritto derivatogli dall’antica consuetudine, d’essere in quell’ occasione ricevuto onorevolmente daH'ubate e da’ monaci di s. Nicolò del Lido. Si devono distinguere due d inerenti epoclic nella celebrazione del rito: una cioè al tempo del doge Pietro II, quando ebbe la sua primitiva origine; l'altra al tempo del doge Ziaui e d'Alessandro 111, (piando aH’autica ceremonia fu aggiunta la particolarità dell' unello, che gultavasi in mare e diè motivo al titolo di Sposalizio del mare. La i.* di queste due epoche dev’essere segnata nel 1)98, la 2.' nel 1 1 77 : il rito di quella potevasi piuttosto dire Benedizione del mare; al rito di questa soltanto poteva convenire iu qualche modo il uouie di Sposalizio. Perciò anche doppio ceremoniale se ne conserva negli archivi, che l’ab. Cappe! lutti pubblicò nel riprodurre gli estraili da quelli dal Cornalo. Il rito cominciato dalla benedizione del militare vessillo consegnato dal vescovo al doge Pietro II, continuò per più mini nella cattedrale d’Ofivulo, finché edificata iu Lido la chiesa di s. Nicolò col propinquo monastero, fu scelta questa come più opportuna e più vicina al luogo ove la solenne pompo eseguitasi. Nè ciò avvenne prima del io43, poiché iu queirauon soltanto ebbe principio la fabbrica del tempio.Laonde per più di 4° anni se n era rinnovata annualmente la memoria nella cattedrale ; certamente con assai meno cere-■■ionie clic non iu seguito allorché si cominciò a celebrine iu 3. Nicolò. Così pure il trattamento, che »’imbandiva al patriarca da’tiiotiici olive-timi di s. Eletta (sia perchè l’isola era d'antica giurisdizione de' vescovi di Castello, sia perchè uno di e>si fondò l'ospedale e il monastero a’ loro predecessori i canonici regolari), cousìslcule iu castagne moude e vino rosso, negli ultimi anni fu più per le persone del suo corteggio, di quello che per lui; il quale ordinariamente avea da pontificare in s. Nicolò; e il complimento delle rose damaschine, cui il patriarca mandava a presentare al doge su di una coppa d’argento, per mezzo d’un suo familiate o d’uu chierico; ed il rinfresco di pane, vino, fave fresche e castagne monde, cui il prelato dovea imbandire a’remiganti, che lo aveano servito nella sua peota, non che il regalo di due ducali al gastaldo de’ remiganti , il quale ne avea diretto le mosse, pare che fossero aggiunti di mauo in mano in tempi posteriori, non trovandosene menzione alcuna nel ceremoniale più antico accennato. Bensì la refezione, ossia pranzo, era d’antica data quanto l'istituzione della festa in quella chiesa abbaziale; del che ne assicurano le ricordate decisioni de’vescovi d’ Equilio e di Torcello, e le successive conferme de’ Papi Alessandro 111 eCleinentelll. Anche la ceremonia che il doge gettasse in mare un anello d’oro, fu introdotta più tardi, precisamente nel 1 177, dopo che Alessandro 111 andato al Lidoad incontrare ildogeZiani,che come fu detto ritornava vittorioso dal combattimento navale,gli presentò un anello d’oro come pegno sulla sovranità del mare. Per cui nella sua benedizione e ceremonie si cantava anche il Te Deum dal patriarca e suo clero. Ma siccome all’ avvicinarsi del doge all'isolelta di s. Eletta, gli sì faceva incontro il patriarca in un pea-Ione, e, attaccandosi al bucintoro, veniva rimurchiato da esso, ciò il cav. Mulinelli qualificò forse indecenza. Benediceva intanto il prelato, fra il canto delle litanie, una tinozza d’acqua e un anello clic doveva essere dal doge gettato tiel-l'onde. Uscito finalmente il bucintoro dal porto del Lido, versuvasi l’acqua benedetta nel mare, e tosto appresso il doge vi lasciava cader l’anello, simbolodi quel- lo già dato da Alessandro III: in signum veri perpeluit/uc dominii. Cantando iu-