*4 na andava munita; al contrario nellese-conde, trovandosi ogni ferrata dirimpetto ad una finestra del corridoio che verso il mare guardava, il prigioniero, oltre di godere il beneficio dell’aria e d’ uno splendore abbondante, poteva scorgere lungo tratto della città, e nella canicola respirare il fresco venticello, che periodicamente dalla marina sul meriggio suole temperare le molestie del caldo. Perciò l’inglese Howard nella sua rinomata opera sulle Prigioni, dichiara falsa la comune credenza, che per essere le celle sotto il tetto coperto di piombo, i prigionieri soffrissero nell’estale un caldoeccessivo; lo che attestarono poscia coloro che vi furono ritenuti, e per la pura verità. Usava il prigioniere vesti e utensili propri, tranne i taglienti ; si cibava a piacere, e iu difetto di possibilità, il governo con assegnamento somministrava il bisognevole. Poteva leggere, non iscrivere, non tener lume acceso. In sul far dell’alba, il carceriere nettava le segrete, aprendole colle chiavi, che riceveva dagl’ inquisitori di stato, cui subito riconsegnava. Può dirsi che l’esagerato arcano facesse spaventose quelle carceri, dove la pena maggiore erano la solitudine e l’incertezza della durata e dell’esito. E qui lo storico ricorda il rarissimo libro : Histoire de ma filile des prisons de la réptiblique de Verme, quoti ap-pelle les Plombs, écrite a Dux en Boheme l’anuée 1787. Leipzig, 1788. Scese poi due brevi scale, si trovavano le stanze de’Capi de’Dieci, e quelle degl’ Inquisitori, nel cui andito principiava altra interna angustissima scala, quasi buia, che direltamenie metteva alle prigioni, o camerotti delti orbi o Pozzi, recandosi alle quali gl’incolpati erano compresi da terrore. Veniva dunque da ciò che i Dieci e gl’inquisitori quasi nel centro delle carceri stesse con aspetto severissimo sedessero, e che per quelle scale segietissiine venissero innanzi a loro i deteuuti; e uelle forti e uell'o/ie segre- te a vicenda li confinassero, senza che altri potesse conoscere le loro deliberazioni, nè chi vi stasse rinchiuso. Queste ultime prigioni, 0 Pozzi, erano situate a livello del prossimo canale, e della contigua corte del palazzo. Tali erano, e non quanto la menzogna e la calunnia spacciò, giungendo a dire che i Pozzi erano buche profondissime sotto un canale scavate.E' soltanto popolare tradizione che la prigione de Pozzi, oltre i conosciuti due piani, ne avesse un 3.” inferiore, il quale se si ammette, avrebbe corrisposto circa al livello della sotto-confessione di s. Marco, e perciò nou mai sarebbe stato sotto acqua, poiché quella si uffizio sino al i6o4, e trapelatavi l’acqua, pel progressivo innalzamento del mare, venne abbandonata, come alla sua volta dirò nel § V, insieme alla sua rimozione. Certo è che visitando i Pozzi 1’ umanità s’inorridisce e conturba, come provai aneli’ io nel visitarli, pensando alla misera sorte di chi vi gemè prigioniero. In uno stretto corridoio a 3 svòlte, fortificato di marino per rendere inutile ogni tentativo di fuga, vedonsi le porte di g segrete, con piccolo spiracolo ciascuna nel muro, e talmente basse,che per entrarvi fad’uopoandar carpone. Fra queste segrete una sola ha nella faccia,che all’andito risponde, una ferrata, e vuoisi che da quella il carnefice attortigliasse al collo del paziente la fatale matassa, chedovea pii vailo di vita,e perciò considerata stanza destinata al tormento. Indi per una scala di 16 gradi, ancora scendendo, altre 9 segrete si trovano iu un corridoio simile al i.°; ma colà più fittesi fanno le tenebre, più grave f aria, più spaventoso il silenzio. Così il prigioniero slava nel centro della magnificenza d’ un signorile palazzo e nel cuored'una città popolosa,che godeva ne’ piaceri e nell’opulenza (come in altri luoghi, e tuttora in Vellelri, e lo deplorai in quell’ articolo). U11 raggio solo di luce, un povero sodio d’aere puro e leggero non calava mai a ravvivarlo, e iu quel