46 niva eretto, questo stile riuscì più immediatamente somigliante all’arabe produzioni. La varietà nel gusto dell’architetlu-ra provenne pure dall aver i veneziani tratti dall’Oi ienle preziosi materiali durissimi già lavorati: quindi non potevano quelli in altro più strano modo ridurre, e volendoli elevare grandiosamente erano costretti alla sovrapposizione degli ordini, oon potendo allungar le colonne. Con ciò si spiega , che se nella proporzione delle colonne impiegate nella basilica, e singolarmente nella facciala , apparisce un resto di buona simmetria più antica e appartenente agli aurei tempi, questo nasce perchè i fusti avevano altra volta probabilmente servito a molti greci edifizi, che demoliti si assoggettarono al nuovo genere, colla sola variazione delle basi e de’ capitelli, restandone però intatti alcuni de’primilivi di bellissimo stile. Siccome le alterazioni di tutti questi stili bizzarri ricever dovevano particolarmente il loro caratteristico dall’ indole varia delle nazioni presso le quali venivano trattali,non risulta puuto strano che'dalle Spagne passando inFran-cia, e di là girando pel resto d’Europa, il duovo modo di architettare abbia preso un carattere più snello, più capriccioso e singolare di quello che noi prese ne’paesi d’Italia , in cui vi si portò direttamente, ed in ispecie presso i veneziani, i quali sui resti della romana grandezza e maestà avevano gittato le prime basi del loro nuovo spleudore per la caduta d’ A-quileia, d’ Aitino e il’ Opitergio, dando molti saggi di gusto e d’ingegno quando, prima della basilica di s. Marco, avevano edificate le non povere e non disadorne fabbriche di Grado e di Torcello, i cui resti ¡11 quelle lagune comprovano la vetustà dell’ indigena loro perizia nell’ architettura. Nel tempo della riedificazione del tempio moltissimi italiani, periti in o-gni arte e singolarmente in quella del mu-saico, vi fecero le più insigni prove d’in-geguo. E probabile che vi avessero parte anche artefici greci,pelcontinuocontalto de’veneziani con Costantinopoli. Dall’epoca del doge Selvo sino a’nostri giorni, non interrotta serie di artefici dispose suquel-l’immensa superfìcie la parlante storia dell’arti, ed i cartoni,dn cui vennero tratti i musaici, furono disegnali in ogni tempo da’primi maestri, e può riconoscersi, anche dallo stile di ciascuna composizione, la bella e varia maniera de’primi pittori veneziani. I pavimenti furono eseguiti nel modo grecanico, detto tassellato o vermiculato, vale a dire una specie di musaico non tanto prezioso per l’esaltezza degnissimi compartimenti, quanto per la squisitezza della materia. L’opere di scultura non cedono il campo a quanto di più insigne vantano le più celebri cattedrali per marmi e per bronzi, cominciando dal primo risorgere dell’arte fino all’aureo secolo, in cui singolarmente il Sansovino, il Leopardi, Desiderio da Firenze e molti altri vennero a gara per lasciarvi insigni opere loro. Nell’ interna parte del tempio, fra la preziosa rarità de’mariui, ve n’hanno di cave orientali assai peregrine, e alcuni che ponno dirsi anelli intermedi e sconosciuti fra le specie che so-nosi finora classificate. Fa meraviglia, e-saminando la parte esterna, trovarvi incrostata una quantità di singolarissime opere in mezzo rilievo, sagre e profane, appartenenti a diverse età e nazioni. Cesserà la sorpresa nel riflettere, che questa fabbrica nazionale surse arricchita d’ogni pubblico e privato tributo, e divenne come il deposito d’ogni monumento pregiato e la conservatrice della nativa grandezza. Ne’primi tempi la chiesa di s. Marco era tutto, e il privato non abitava che una modesta capanna intessuta di legni e coperta di canne. In chiesa si adorava la Divinità, si trattavano gli affari del comune, si deliberava la pace e la guerra, si ricevevano gli ambascia-tori : la chiesa era la scuola, il museo, la galleria nazionale. La basilica Marciana è in totale così eminentemente vene-