punivano i delitti di stalo, e vigilavano la condotta de’patrizi, lia 3 quadri. L’ Adorazione de’Magi, è bell’opera dell’A liense; il dogeZiani,vincitore diFedericol Barba-rossa imperatore /incontralo daPapa A les-sandro HI, è bell’opera di Leandro Das sano,cbe vi lasciò, come soleva di frequente, il proprio ritratto nella figura vestita a bianco con l’ombrello: Papa Clemente VII e Carlo V imperatore, i quali fermano in Bologna la pace d’Italia, è opera di Marco Vecellio. ¡Nel soffitto, ricchissima invenzione del patriarca d’Aquileia DanieleBarbaro,loZelotti dipinse verso le finestre l’ovato conGiano e Giunone, ed il quadrilungo con Venezia,che osservaMar-le e Nettuno: Ponchino detto il Basaico colorì il Nettuno tirato da cavalli, eMercu-rioparlanteallaPace:Paolofece il Vecchio seduto presso di bella donna, e fors’anche Venere, che con ritorte e rotte catene iu mano guarda al cielo. Inoltre lo Zelotti e-seguì l’ultimo ovatoconVenezia scettrala sopi'ail Leone,opera che alcuni attribuirono allo stesso Paolo; i chiaroscuri sono dei medesimi pittori; il fregio dei putti ni è delZelotti.—11 vicino luogo,detlola Bussola per una bussola ivi esistente,ha di faccia alle finestre un quadro di RI. Vecellio, con Maria Vergine e s. Marco che assiste al doge Donato: gli altri due quadri colle dedizioni di Brescia e Bergamo sono del-l’Aliense.Nel soffitto i chiaroscuri e trionfi, e sopra il focolare le due Fame, sono (li Paolo. Manca il pezzo centrale, che esprimeva s. Marco in gloria, rimasto in Francia, dopo le depredazioni accadute nell’ anno 1797. — La Stanza supre-ina de Capi del consiglio de’ Dieci, i quali proponevano gli argomenti che si aveano a trattare in senato, ha tutto pao-leseo il soffitto. 11 maestro stesso Caliari vi dipinse un Angelo che caccia alcuni vizi turpissimi. Zelotti fece il comparto simbolico verso la porta : Paolo, e non il B,issano come dicono alcuni, esegui quello die coi risponde diagonalmente. De restami dipinti sono ignoti gli au 23 tori (Veggasi il Palazzo Ducale illustrato da F. Zanotlo, opera quasi giunta al suo termine, co’ tipi deU’Antonel-li). — Di qui si passa alla Stanza degl’ Inquisitori di stalo, i quali si occupavano di tutto e di tutti in relazione a cose di stato. E di qua appunto, per una scaletta ristretta e oscura si ascendeva ai luoghi chiamati i Piombi dalla coperta esteriore del tetto. Poco lunge sono le Sale, che si dicevano dell’ Armi del consiglio dei Dieci. Di queste stanze una fu carcere, come si ricava da due iscrizioni, d’un Luchino di Cremona nel 1478, e d’un Cristoforo Frangipane nel i528. Finalmente arrivando al salotto d’ingresso, si vede il busto del doge Ve-nier, scultura del Vittoria. Tutte le testé descr itte stanze e sale appartengono come ho detto all’istituto, ed a S. A. 1. B, 2. Da questa parte poi discendevasi una volta alle famose carceri che Pozzi si dicevano, angusti luoghi e senza luce; i quali ora non si possono visitare che prendendo una diversa strada o direzione.Di queste famose prigioni criminali si disse e stampò tanto, eli’è indispensabile far sosta per darne un’idea col eh. cav. INI u ti nel li, Annali Urbani diVenezia, p. 262 e seg. e 492-—Le prigioni in Venezia, d’odiosa rinomanza, allora dette prigioni forti ed orbe, e ne’tempi a noi più vicini, Piombi e Pozzi, cominciando dalle forti e da’ Piombi, stando esse nella sommità dell’e-dificiodel palazzoducale,si potevano considerare come una vedetta, cioè il più alto luogo d’uua rocca fabbricata sopra d’un colle. Furono nominate Piombi per essere sotto il tetto del palazzo, il quale essendo coperto prima di rame, lo fu poi nel i6q5 ili lamine di piombo. Erano celle costruite di doppii tavoloni. Quattro sole segrete stavano in esse, bastantemente spaziose ed alte,e di panconi di larice intavolate, di cui ora pochissime tracce rimangono. D.i un elevato abbaino situato nel corridoio, penetrava nella 1a spizzico la luce peruua ferrata, di cuiognu-