3 66 roco di essa chiesa. La a." edizione s’im-presse pure in Venezia, dalla tipografia Marlinengo nel 1837), il quale, accennate le ragioni e il merito della festa, segnalò la creatrice potenza dell’ingegno italiano, e con vivezza di gratitudine riferi vane a’Cesari il largo favore che le accordavano sempre e Raccordano: lutto insamma in s. Maria Gloriosa spirava un ricambio di sensi tra il potere ufficiale, rimuneratore generoso dell’arte e di chi sa modellarne gl’incanti, ed il potere subordinato, riconoscente alla patria virtù del pensiero che crea, come all’azione magnanima del sovrano che premia. La religiosa Venezia, davanti il mausoleo di Tiziano, benediceva all’eccelso di lui Mecenate, l’imperatore Carlo V, e salutava nel nome di Ferdinando I e Francesco Giuseppe I gli augusti, i quali innalzarono al prediletto dall’avo loro un monumento de’più grandiosi,che nel doppio riguardo delle sue proporzioni e dell’eccellenza, colia quale è coudotto, il mondo cristiano erigesse od onorare le ceneri ili preclari defunti. Sulla porla maggiore d’ingresso al tempio leggevasi l’iscrizione riprodotta dal Giornale.» Nella doppia solennità di lai giorno, anziché farci interpreti dell’ animata espressione de’inmmi, il cui senso perennemente rilevasi a chi li contempla, ed ha cuore capace d’ intenderne il muto linguaggio, ci giova afferrare e ridire a'Iontuni le gagliarde impressioni, la fuggevole estasi, onde furou compresi gli astanti, nell’atto che, rimosse le tele, s’alFacciòa’Ioro sguardi la mole superba di mezzo alla quale campeggia e rivive Tiziano. Ineffabile scena 1 Quasi elettrica scossa, alla vista diquel monumento, universale, involontaria, istantanea fu in tutti la meraviglia che il uuovo prodigioiuciascuno operava per se, che da ciascuno si rifletteva negli altri e riconcentra vasi poi, avvigorita dal rapimento di tutti, più poderosa e veemente in ciascuno. Un’ ebbrezza d'ammirazione,uu eutusiasuio di patrio orgo* glio, un impeto di riconoscenza verso i sovrani, che a sì meritevoli artefici confidavano il magistero dell’ arduo assunto : la venustà, l’eleganza, la vita, che dalle sculle immagini traspiravano ; le sante inspiraz ioni dell’immortale pennello,che queste significavano; le onorificenze cesaree, profuse al Vecellio, e stupendamente simboleggiatevi; i militari oricalchi, che facevano intanto echeggiare per l’aria l’inno dell’impero ; le autorità militari, civili, ecclesiastiche, assorte in eloquente silenzio a contemplare la possa dell’arte italiana : tutto era quivi una gara di sentimenti e d’affetti, una scambievolezza d’amore, di gioia, di riverenza, d’ossequio: era un popolo lutto, una intera città, che in que’simulacri parlanti si compiaceva di sè,esi sentiva più grande sotto l’egida invitta de'suoi Monarchi magnanimi. Pieno la lingua e il petto di quest’idee, il sagro oratore propose a soggetto del suo discorso 1’ iscrizione del monumento: Titiano Fcrdinandus I. Con sublime facondia,abbondanza d’erudizione, peregrinità di concetti,forbitezza di dicitura, vaghezza e splendore d’immagini, favellò di Tiziano, della 2/ sua patria, e fatta ragione de’tempi d’allora, scolpò la materna città dell’ iniqua taccia, onde l’accagionavano perch’ella non erigesse al suo grande concittadino un degno sepolcro. Era forse, diss’egli, disposizione della Provvidenza che i titoli amplissimi, le dignità palatine, conferite al Vecellio dall'imperatore Carlo V, ricevessero poi auguinentoe suggello dagli augusti nepoti. La gloria di Ferdinando I, che decretava a Tiziano il triofal mausoleo, die’ impulso a un felice trapasso dell’ oratore, digredito a discorrere il vanto di Francesco Giuseppe I, che iu termine men propizio di tempi, ne volle affrettata e compiuta l’esecuzione. Tuonò dal pergamo infuocate parole di gratitudine ed osservanza al giovine Sire, cui dee Venezia l’immunità riconcessa a I suo porlo, la sicurezza e il dilatamento