gannente s. Trovaso. L’antica chiesa era una di quelle fondale ne’ principii della nascente città, ed essendo vicina a cadere nel 1028 per la sua vecchiezza, piamente la rifabbricarono da’ fondamenti i Barbarigoe i Caravella. Sino da’ remoti tempi con singoiar esempio era soggetta a due superiori ecclesiastici, a-vendo in essa egual giurisdizione il patriarca di Grado e il vescovo d’Olivolo, laonde Ira loro insorgevano frequenti litigi: o propriamente apparteneva al patriarcato grádese. Sia comunque, per terminare qualunque differenza, il patriarca Orso Orseolo e il vescovo Domenico VI Gradonico, stabilirono concordemente di venire a una transazione solenne, e la sottoscrissero nel giugno 1 o41 • Con essa riconobbero promiscua la loro giurisdizione, stabilendo tra l’altre cose, che l’elezione e l’investitura del vicario, come allora chiamavasi il pievano, dovesse appartenere ad ambedue, e parimenti a ciascuno di loro dovesse l’eletto vicario prestare il giuramento di fedeltà e ubbidienza. Perì poi la chiesa nell’ incendio del 1 io5, alla cui rinnovazione accorse al solilo la divozione de’ veneti e con tal fervore, che la nuova riuscì la più maestosa e la più nobile, tranne la cattedrale, fra tutte le parrocchiali della città; a cui accresceva decoro 1’ atrio, e la cupola della cappella maggiore lavorata al modo greco. Non passarono però 5 secoli, quando nella notte precedente a’12 settembre 1583 con improvvisa caduta precipitò l’intera chiesa,e con doppia disgrazia restò in tal incontro privata del più prezioso de’suoi tesori.Era esso il corpo del celebre s. Crisogono o Grisogono martire d’Aquileia, qui da’tempi remoti trasferito da Zara, il quale nella funesta congiuntura, coraggiosamente cercalo di notle e rinvenuto fra le rovine da un di Zara,questi lo riportòalla patria,restando a qualche consolazione della grave perdita un solo osso del braccio, che tuttavia conservasi nella riunovata chiesa, di cui è i75 contitolare. Intrapreso dunque il rialzamento dell’ abbattuto tempio, per o-pera del suo pievano Domenico Leonardo, fu collocata la i.a pietra ne’fondamenti a’ 26 luglio 1584, e in 7 anni con disegno d’ Andrea Palladio, o d’ ignoto architetto e sullo stilePalladiano come dice il Moschini, si ridusse a perfezione e nella forma attuale, seguendo poi la con* sagrazione a’ 22 luglio 1657 per Pietro Rossi vescovo d’ Ossaro. Era collegiata, e filiale di s. Maria Zobenigo, ed ora continua ad esser parrocchia, ma sotto la decania di s, Maria del Rosario, e conta 2700 parrocchiani. Ha per chiesa succursale s. Sebastiano, di cui nel § X, n. 42. La chiesa de’ss. Gervasio e Protasio contiene molte pitture di mani maestre. Nell’altare della nave destra è gentile lavoro del Palma giovine TAnnunziata ; più gentili però, nel loro genere, e assai morbide^ di uno stile che in tal modo di travaglio non permette che più si brami, vi sono le sculture del parapetto dell’altare nella crociera a sinistra, illustrato dal Diedo nell’ opera, Le Fabbriche di Venezia. Nel maggior altare è del Lazzari-ui la tavola co’ ss. Gervasio e Protasio martiri. Nella sagrestia vi è una graziosa immagine della Madonna, a pastelli, di Rosalba Carriera. Il Cristo alla colonna è copia diligente, che da Tiziano trasse il Prudenti : il Salvatore che benedice, è del Marconi. L’altare del Sagramen-to, è di bel disegno d’alcuno de’ Lombardi e di buona esecuzione, di semplice struttura e insieme ornatissimo con ¡sculture e cupolino. I due quadri laterali di Tintoretto,esprìmono la Lavanda de’pie-di e la Cena del Signore, la quale 2.“ opera più volte incisa, è di nuova e bizzarra invenzione per gli Apostoli messi in violenti attitudini. La più bell’ opera però del Tintoretto è la pala dell’ altare a destra del maggiore, con s. Antonio abbate. Riceve adesso nobil ristatilo questa chiesa per le cure del di lei parroco Barella, il quale spese del proprio non