a3a cadetto diocesi di Cerieda,con approvazione di Giulio II. Si aumentarono le rendite, e la chiesa si rese più ragguardevole pe’suoi interni abbellimenti, avendo diversi patrizi eretti sontuosi altari di marmo, fra’quali i dogi Marco e Agostino Barbarigo in onore della B. Vergine e con sua divota immagine innalzarono un magnifico altare di sceltissimi marmi. Fu inoltre arricchita del corpo di s. A-niano discepolo e successore di s. Marco nella sede patriarcale d’Alessandria, portato a Venezia nel i i 28 e riposto in s. Clemente in isola, donde qui nel 1453 lo trasferirono i canonici. Un dente di s. Gio. Battista, e le reliquie de’ss. Bartolomeo e Tommaso Apostoli. Neli5o2 Alessandro VI concesse di potersi celebrare la 1.'messa nelle prime ore della sera della vigilia di Natale. Coutiguo alle abitazioni de’canonici fu eretto il grandioso ospizio desti nato a’divoti del l’illustre confraternita e 1 .a scuola grande, cbe dal nome della vicina chiesa prese d titolo di s. Maria della Carità. Essa ebbe origine nel 1260, fondata col nome di Scuola di Carità nella chiesa parrocchiale di s. Leonardo, dalla quale fu trasferita alla Giu-decca e poi nel detto ospizio. Nell’isola ora detta i confratelli vi aveano eretto l’oratorio di s. Giacomo Maggiore Apostolo, poi ceduto per ampliar la chiesa di s. Maria Novella de’serviti, da dove nel 1344 passarono nell’ampio luogo ceduto da’ canonici regolari collo sborso di 200 ducati d’oro e annuo censo, fabbricandovi magnifico oratorio. Nel 14-1 • a ricovero de’confratelli poveri, la scuola fabbricò un comodo spedale per alimentarli, di che edificato il Cardinal Bessario ne legato a Intere di Pio 11 in Venezia, volle ascriversi a questa primaria scuola grande, e le donò le reliquie della ss. Croce e porzione della ss. Tunica del Signore (ora conservata nel santuario di s. Tommaso), onde i confratelli per gratitudine posero il suo ritratto con lapide nell’ospizio (il ritratto passò alla bibita- teca di s. Marco). Dipoi nel i585 vi si ascrissero pure gli ambasciatori del Giappone (V.), quando passando per Venezia recaronsi a Roma. Non senza sorpresa rimarco il linguaggio tenuto dal savio e rispettabile cav. Mulinelli, negli Annali di Venezia p. 4®7> sull’ identità di tali ambasciatori,seguendo il Gal-licciolli e altri, e perciò i più crederli gesuiti vestiti alla giapponese I E col Navarro detrarre contro la venerabilissima e benemerentissima Compagnia di Gesù! Ovvero i supposti ambasciatori essere mancianisti di certa valle di Lombardia confinante co’Pieti, famosi ingannatori! Dunque furono due semplicioni, il magnanimo Gregorio XIII e il gran Sisto V, il 1,° cbe pianse in ricevere gli ambasciatori, il 2.0 che li ricolmò d’onori. Dunque il Senato di Roma fu uno stupido nel porre sotto la statua di Gregorio XIII nella sala del Senatore in Campidoglio I’ iscrizione marmorea, riportata ancora con altre analoghe notizie dal Cancellieri, nelle preziose Dissertazioni epistolari, a p. 244> Ia quale dice : Oh palernain in omnes gentes ca-ritatem - Qua ex ultirnis novi Orbi.? in-siilis-Iaponorium Regimi Legatos-Trien-ni navigazione - Ob obedieutiam Sedi Apost. exhibendam - Primum venientes Romani- Pro Pontificia dignitate acce-pii. Dunque furono mendaci e gonzi i celebri storici Bartoli nella Storia del Giappone, MafTei negli Annali di Gregorio XIII, Tempesti nella Storia di Sisto V, Novaes nella Storia di Gregorio XIII e Sisto V, ove riporta il nome e le opere di qtie’che scrissero degli ambasciatori giapponesi. Gonzi ancora un gran numero di scrittori delle cose romane che ne ripeterono le notizie, inclusivamente al famoso Gregorio Leti nella Storia di Sisto V, ed a'sagacissimi componenti la signoria di Venezia,che gli accolse con grandissimo onore e con segni di molla benevolenza, o per ¡squisitezza di politica I Interessatile è il rqccontp del Mulinelli