a Roma. Indi s’introdusse in Venezia la compagnia de’ corrieri bergamaschi per recare le letterea Roma e viceversa, e gratis quelle del nunzio pontificio. Ma s. Pio V non volle permetterlo, il successore Gregorio XIII l’accordò nel 1572 e poi lo revocò. Si tornò a darne licenza, rivocata nel 1597. ludi Urbano Vili stabilì un corriere per portare da Roma a Venezia le lettere al nunzio e prendere le sue risposte, e quelle pure de’par-ticolari. Il predecessore Gregorio XV ad istanza dell’ ambasciatore veneto So-l'anzo avea concesso di poter tenere in Roma la propria posta gli ambasciatori della repubblica, il che durò sino al suo termine, Nondimeno continuando in Roma ad agire la particolare posta di Venezia, Pio VII non volle più ammettere in Roma il corriere veneto per prudenziali ragioni, che riportai, e per le stesse fece cessare in Roma le altre poste straniere, d’altri diplomatici. Ma l’origine delle Poste in Venezia è antichissima. Leggo nel eh. Romauin, che spettava a’ provveditori di Cornuti anche I’ ordinamento delle poste,la cui istituzione in uno stato tanto commerciante qual et aVene-zia dovea di necessità introdursi prima che altrove; ed in falli, mentre si ricordano solo nel secolo XV in Francia e inGerma-nia, trovasi già nel trattato con Lotario I dell’840 pattuita la sicurezza degli Epistolari; di più trovasi forse cenno di poste regolari per conto pubblico nel divieto del doge Pietro Candiano IV del 960 a’ mercanti veneziani di ricevere lettere per la Grecia dagli abitanti della Baviera e della Sassonia o d’altro luogo con grave danno e disonore della patria; in fine è certo che nel libroCerberus verso la fiue del secoloXHI sono nominati i Soprantendenti a Corrieri, che poi nel i3o8 furono sottoposti a’provveditori di Comun. Essi formarono più tardi nel i4go una scuola o corporazione religiosa dedicata a s. Caterina: erano in numero di 4o, davano malievaria di 200 4 « 7 ducati; portavano l’insegna di s. Marco, il loro capo era obbligato a tenere una vòlta o cancello a Rialto, secondo I’ u-sanza antica ; erano tenuti a scrupolosa fedeltà ed esattezza nell’ adempimento degli obblighi loro. Il palazzo Tiepolo, ora d altrui proprietà, incontro a questo delle Poste, ed a sinistra del Canale, mal attribuito al Palladio, è in vece d’architettura sansovinesca in 3 ordini. Ivi e-lavi un museo mollo stimato di statue, bassi fi lievi, iscrizioni antiche e altre cosa pregievoli, ora disperso. Non è da tacersi sulla destra il palazzo Martinen-go a s. Luca, di stile del decadimento del secolo XVII, già albergo del Leone Bianco, gradito a’ forestieri per la sua situazione. Nè il Palazzo Farsetti, nuovamente residenza della corisreeazions municipale, poiché temporanea fu’ quella nel palazzo ducale, e dove sulla grande scala si vedono due canestri o cestella ili frutta, opere quasi infantili del Canova, il quale quivi apprese i primi rudimenti dell’arte che l’immortalò, poichéi Farsetti benemeriti delle arti vi aveano aperto uno studio pe’pittori e scultori : di stile bizantino--lombardo, si attribuisce al secolo XI, componendosi il piano nobile di colonne binate su cui gii ano archi di gusto arabo; le colonne poi dell’atrio hanno per basi capitelli corintii rovesciali, tolti da edilizi romani de’bassi tempi. Neppure è da tacersi, nè il palazzo Loredan, ora grande albergo Hotel de la Ville ; nè l’albergo dello Scudo di Francia, perchè fu già casa del celebre Enrico Dandolo doge di Venezia e conquistatoredi Costantinopoli nel 1 204, e di stile bizantino-lombardo, con iscul-ture e marmi orientali ; nè il palazzo Bembo d’architettura del medioevo; né finalmente il palazzo Manin, lavorato iu 3 ordini dal Sansovino, di cui conserva 1’ antica facciata verso il canale, e quindi l'istaurato dall’ architetto Selva. Quest’ultimo possiede copiosa biblioteca particolarmente ricca di libri