t)24i ma *1 Sansovino nella Descrizione di Venezia, riportando le parole del regio privilegio, fa anzi vedere, che fu conferma, non concessione, benché neppure ivi si distingua la qualità de’raetalli. Però nel lib. i3 si legge, che Pietro Parte-cipazio ottenne questa grazia da Berengario II, concedendo fra molti privilegi monetarli cadere. Ed allora per avventura fu, continua il Vettori, che la moneta della candida lega, cioè d’ argento, coniarono i veneziani, come osserva nella Storia veneta il Vianoli, circa il tempo d’Orso II. Imperocché i veneziani non prima del doge Giovanni Dandolo poterono usare monete co’segni propri. Il Vianoli attribuisce a Pietro figlio d’Orso II le prime monete d’oro coniate da’ veneziani per privilegio di Berengario II. Ma se in quel tempo furono coniate monete d’oro, convien dire, che o ben presto cessarono d’esser battute, o furono assai diverse dallo zecchino o ducato ; bensì nel 1 282 si ha che in Venezia per la prima volta fu coniato il ducato d’ oro , a tempo del Sansovino denominato Cechino, invece di zecchino, usando i veneti pronunciare il c come lo z, nel qual caso il Vettori prende abbaglio, affermando il contrario. Il quale Vettori riporta altre notizie sulle monete venete, e descrive il ducato d’ oro antico coli’ immagine del Salvatore e intorno il verso leonino: Sii libi Xte. datus quem tu Regis iste Ducalus. Nel rovescio il nome del do* ge,che in abito ducale riceve in gi riocchioni il vessillo di s. Marco, colla parola s. Mar-'us. 11 Muratori, nella Dissert. 27." Della 'Zecca e del diritto o privilegio di battere noneta, dice che non lascia d’essere antichissima la zecca dell’ inclita città di Venezia, ad onta che non se ne sappia bene l’origine. Andrea Dandolo, il più dotto e antico degli storici veneti, scrisse che tal diritto era stato conceduto a Venezia 'fin da’più antichi tempi, poiché parlando di Rodolfo re d’Italia circa il q2 1 dice: Iiic Rodulfus regni sui anno IV, Pa- 33 piae soli uni tenens, immuni tates Vene-torum in regno Italico ab antiquis Ini-peratoribus et Regibus concessas,per pri-vilegiurn renovavit. Et in eodem decla-ravit, Ducerli Venetiarum potestatern haberefabricandi monetarli, quia eicon-slitit, anliquos Duces hoc contìnuatis temporibus perfecisse. Ma Marino Sa* nuto seniore, il Sansovino e altri han preteso, che a Pietro Caudiano III doge circa il q5o fosse conceduta la facoltà di battere moneta da Berengario II re d’ Italia. Il Muratori crede non poter sussistere tale opinione, e doversi dire che Berengario II solamente confermò quel diritto; poiché rileva dalle vite uass. de’do-gi veneti esistenti nella biblioteca Estense, sino al Gradenigo del 133g, che anco prima sotto i greci imperatori ebbero i dogi di Venezia il gius della zecca. Scrive il citato Dandolo all’anno io3i, di Otto Orseolo patriarca : Hic monetarli parvam sub ejus nomine, ut vidimus, excudi fecit. E all’anno 1 iq4 del doge Enrico Dandolo: Hic argenteani monetarli,vulgariter cliclam Grossi Veneziani, vel Matapani, curii iinagine Jesii Christi in throno ab uno latere, et ab alio curii figura s. Marci et Ducis, valori vigilili sex parvuloruin , primo fieri decrevit. Che la moneta veneziana nel secolo XI fosse in corso per l’Italia, Io prova uno strumento del 1 o54 esistente nell’archivio de’canonici di Modena, dov’è fatta menzione Denariorurn Venelicorum. Maggiormente accredita la moneta veneziana un passo di Raterio vescovo di Verona, che fiorì ne’ tempi di Berengario li, il quale nell’opuscolo, Qnalitatis con-jectura, nomina .sex Libras Denariorurn Venelicorum. Dal che si può inferire, che non aspettassero i dogi veneti le grazie di tal re per battere denari, cioè per esercitare una prerogativa, di cui godevanoso-lainente in que’tempi (oltred Papa) i duchi di Benevento e Napoli. Non pare a Muratori che i veneti a’tempi de’goti u-sassero batter moneta di basso metallo,