48 G la ceremonia del battesimo il numero de’ compari era maggioredi due, anzi talvolta giunsero all’eccessivo numero di centocinquanta (altro che gli esempi de’tre Padrini riportato nel voi. LXVll.p. 33). Costoro, per legge del consiglio de’Dieci del i5o5, non potevano però mai essere della classe patrizia, qualora si fosse trattato del battesimo del figlio d’un patrizio, e ciò affinché la parentela spirituale del comparatico non avesse poscia ad impedire un Matrimonio. Circondato da questo stuolo di padrini, il bambino era portato al s. fonte sulle braccia della propria nutrice, la quale non rare volte era una schiavagli fine di questo numero farò cennodeglischiavich’erano un lempoan-coin Venezia): accadeva pertanto da ciò, che il bambino schiudendo cou essa le prime voci, e con essa soltanto per lungo tempo conversando, vedesse tosto favolose brigale, l’orco, la befana, e mille storie di lammie impalasse, onde poi fallo adulto, imbevuto di Superstizione, venisse così più facilmente a prestar fede alle fattucchierie attribuite agli schiavi. Stando dunque la comitiva presso il battisterio, il battezzante prima di versar l’acqua sul capo del bambino, con voce alta domandava se fra’compari vi fosse alcun patrizio, mentre per l’anzidelta legge sarebbe slalomandàto a perpetuo confine, se ani-ministrato avesse il sagramento trovandosi fra’compari un patrizio. Terminata la ceremonia, il padre faceva alla chiesa un’ offerta di denaro e di certe piccole candele formate a cerchio e per questo appellate cerae rolae, e presentava ciascun compare d’un marzapane, in segno dell’affinità che avea contralta cou esso. E siccome per la cortezza della mortale carriera può dirsi che appena usciti dall’utero materno a piangolar ci facciamo sulla tomba, che spalancata ci attende a ora incerta ; così trapassando tosto a parlar di chi era sugli estremi, veniva esso tratto dalle morbide coltrici sulla nuda terra cospersa di cenere benedetta. Iu quell’umile posizione, che altamente ricordava al moribondo e agli astanti il nostro nulla e la caducità delle glorie terrene, riceveva egli, munito già degli altri sagramenti dellaChiesa, l’estrema unzione amministrata secondo il rito pa-triarchino da più sacerdoti, a’quali da-vasi in offerta 4 soldi per ogni sagramen-(o. Questa oblazione dicevasi dare ilpe-rino, cioè dare con che bere il perino, bevanda composta di pere molto usata dagli antichi veneziani. Sprigionatasi infine l’anima dal corpo, involgevasi questo semplicemente in un lenzuolo di stamigna, vestendosi soltanto quello de’giu-reconsulti, de’medici, de’caval ieri e delle persoue che avessero appartenuto alla casa del doge, degli abiti e insegne loro propri. Così accomodato il cadavere, veniva condotto sul crepuscolo vespertino del giorno susseguente a quello della morte alla chiesa per la Sepoltura, con pompa maggiore o minore secondo l’agiatezza della famiglia, formando parte de’convogli funebri ordinari, oltre gli ecclesiastici secolari e molti frati, le pinzochere, i gesuali, frali laici detti torzoni e di cui nel § X, n. 45, i capi di nave o capitani di bastimento, i marinari e i famigliali tutti vestili a bruno e con torcie accese in mauo. Ma scena tenera, commovente e insieme terribile accadeva nell’istante in cui si riconsegnava alla terra la spoglia. Imperocché le spose o i mariti, i genitori o i figli, e tutti coloro infine, che per vincoli d’amicizia o di parentela strettamente fossero stati uniti al defunto, si facevano a piangere e ad ululare alla disperata, si strappavano i capelli, e le vesti si laceravano, allontanandosi per sempre da quella chiesa, già divenuta per essi luogo di dolore. Quest’uso, che ricordava le lagrime e i prezzolati gemiti delle prefiche auliche, nel secolo XIV venne abolito. Dato luogo così alla veemenza della passione e già resa pubblica la mancanza a’vivi della persona mediante l’iscrizione fatta iu