G(i4 ordinando che gli stipendi di quegli uffizi, e quelli pure d'altri che lasciò vacanti (cioè il credenziere), fossero investiti per formare un fondo (perpetuo, perciò senza peso all’erario e al palazzo apostolico) di giubilazione a favore de’famiglia-ri personali di tutti i Papi (giacché a questa giusta beneficenza ninno de’ predecessori avea mai pensato, onde a lui toccò a sovvenire i famigliali di Leone XII e di Pio Vili). Questa forza di struttura e questa vigoria d’organi abilitavano il Papa per tutto il suo regno ad attendere a’negozi temporali ed ecclesiastici (ancorché di niuna importanza) con assiduità indefessa e invariabile giocondità (era sempre veneziano). Le più severe abitudini della sua vita claustrale di s. Michele di Murano e di s. Gregorio di Roma, l'avevano assuefallo alla regola ed anche alla monotonia della papale, alle ore mattutine (dormiva circa 5 ore, ed io meno di lui, e per necessità degli studi continuo il sistema), alla privazione desiace- li sociali, a'pasti silenziosi (frugali e parchissimi, ripeto frugali e parchissimi : questa è Storia), alle molte ore di solitudine ed all’impiego incessante di queste. Cominciava la sua mattina talmente per tempo che dispensava il cappellano (cioè i cappellani segreti , ed uno de’ chierici segreti, a’quali incombe assistere alla messa privata del Papa) dall'assi-stere alla sua propria messa, dicendo ch’era cosa indiscreta l’esigere che altri si a-dattassero alle sue ore intempestive. La serviva soltanto il suo domestico (io met, come già dissi e ripeto, ogni giorno e me ne glorio, costantemente per ventun' anni, il che ancora ini produceva invidia. Con altra testimonianza autografa del Cardinal Wiseman, che mi riguarda, ne ingemmai la pag. 18 del voi. LXII1). Da cardinale faceva da se quello che altri fanno eseguire dal servo (anche da Papa, facendosi riguardo d’interrompere i miei studi). Mentre provvedeva magnificamente allo spleudpre del culto divino, e ripristinava nella Sagrestia pontificia gli ornamenti saccheggiati, egli non voleva portare nulla di dispendioso, come Scarpe magnificamente ricamale (e benché donate). Pareva che l’intelletto suo vigoroso non si arrestasse davanti a nessuna applicazione o faccenda d’ogni natura. Non era cosa rara in Gregorio XVI starein forse prima di dare il suo consenso alle elaborale risoluzioni e giudizi delle s. congregazioni cardinalizie, e il domandare fossero recati a lui stesso gli atti della causa, e da ultimo il venire ad una sentenzasdiversa da quella della congregazione, atterrandola con ragioni canoniche trascurate o non ben ponderate dalle molle e dotte persone e cardina- li che gli aveano discussi precedentemente (e coll’ aiuto delle norme speciali e particolari di ciascuna congregazione; come fece Pio Vili per l'emancipazione degli Armeni, annullando la risoluzione decretata dalla s. congregazione di propaganda fide, e ordinando invece che si eseguisse il voto opposto del suo prefetto il cardinal Cappellari). E questa percezione istintiva occorreva pure in casi concernenti paesi rimoti ; nuove informazioni giustificando appieno l'esattezza del pontificio giudizio. Scriveva da per se le lettere negli esercizi più delicati dell’ autorità pontificia, con mirabili successi. (ìli editti pubblicati in tempi turbolenti, pieni di commoventi esortazioni e di sentimenti generosi, si stimavano produzioni di sua penna (certamente l’orditura e il tocco su tutto, precipuamente nelle meravigliose encicliche ed allocuzioni, molle delle quali interamente composte da Ini —per la sua dottrina, felice sperienza, ed eminente tallo diplomatico ecclesiastico, in che ebbe pochi pari). Prima in casi di vita e morte, nel riferirsi al Papa la sentenza, il suo silenzio equivaleva a ratifica. Ma Gregorio XVI non volle seguire tale sistema ; ordinò che tutti i ristretti de’processi per sentenze capitali si recassero a lui, e se nou faceva osserva-