dell'antica chiesetta di s.Teodoro(prima-i io protettore della chiesa di Venezia,pi i-ma cliefossearricchita del prezioso corpo di s. Marco), la quale poi, secondo alcuni, fu incorporata alla basilica Marciana; rria il eli. ab.Cappellet li seguendo l’opinione d’altri più ragionevoli scrittori, ritiene che la chiesa di s. Teodoro fu demolita e nel suo luogo fu piantato il tempio intitolalo a s. Marco. Galliccioli opina, che precisamente ne occupi l’area la cappella di s. Isidoro, esisteule nella basilica ; aldi volendo essere surta ove poi fu il luogo del s. Ollìzio, ed al presente stanze addette alla sagrestia. Il Zanolto pertanto, seguendo il dottissimo e diligentecav. Cicogna, nella sua celebrata opera : Le Inscrizioni veneziane, narra conieNarse-te, qui disceso nel 552, e soccorso da’ve-neziaui contro Totiia re de’goti, grato all’opera loro, volle fabbrical e nell’ isole I\editine due chiese, una sagra a s. Teodoro d’Eraclea di Ponto, e l’altra a’ss. Menna c Geminiano (il cav. Fabio Mulinelli adduce ragioni per provare, non esser probabile, od almeno assai dubbio, che Narsete abbia fatto erigere le due chiese a Rialto a s. Teodoro, ed a’ ss.Geminiano e Melina). L’erezione della basilicaMarciana seguì per opera del doge Giustiniano Partecipazio.dopo il trasporto del corpo di s. Marco Evangelista (F.) nell’828 da Alessandria d’Egitto (F-), ivi mandato da s. Pietro, da cui è chiamato nella suai.a Epìstola, cap. 5, v. 13, figlio,e per comune opinione discepolo e interprete, qual 1 .“vescovo d’Alessandria, città la più celebre del mondo dopo Roma, e chiesa che divenne la i." delle 4 patriarcali d’Oriente. Dovendone ripetutamente riparlare, qui mi contenterò so- lo di aggiungere, che Giustiniano Parte-cipazio, all area della chiesa di s. Teodo-r° aggiunse il tempio in onore di «.Marco, vi depose lesagre spoglie, segretamente chiuse in una fol le arca di bronzo, e colla sola cognizione del primicerio le collocò in udo degl’interiori pilastri tulio incro- stato di finissimo marmo ; e divenne la cappella del doge, quando il fratello e successore Giovanni Partecipazio condusse a termine il grandioso edifizio. Incendiatasi poi la chiesa col palazzo adiacente nel 976, si pensò a rifabbricarla ; s. Pietro Orseolo doge nell’anno stesso la rialzò da’fondamenli a sue spese, e Pietro Orseolo II, Domenico Contarmi, e finalmente Domenico Selvo, dogi zelantissimi, accelerarono il proseguimento della riedificazione, che può dirsi durasse fino al 1071, in cui quest’ ultimo cominciò a farla incrostare di marmi e musaici. Anzi prima di Selvo la chiesa era costrutta in legno. Sembra che principalmente anche al doge s. Pietro Orseo- lo debbasi pure il concepito pensiero di erigere questo tempio maestoso; e che nell’ ornarlo ed impreziosirlo i successori ebbero nientemeno in mira di eclissar lo splendore dell’insigne basilica di s. Sofia di Costantinopoli. Lo Stalo personale del Clero,col quale riportai la data del suo rialzamento, dice compito l’e-difizio nel 1071 nella magnifica forma che attualmente si vede.E quest’opinione viene confermata dalle seguenti parole che altra volta leggevansi nell’atrio, riferite dagli scrittori: Anno milleno transado bisque trigeno (107 1) clesuper undécimo flit facta primo, verso che il cav. E. A. Cicogna legge meglio: Facta fuit primo desuper undécimo, per ragione della rima nel mezzo, e per la misura del verso. Laonde la basilica non deve in parte alcuna il suo splendore integrale e primitivo alla presa di Costantinopoli, seguita tanti anni dopo, ma tutto lo ripetedalla pietà e dalla forza d’una nazione industriosa, commerciante e potente, che non la cedeva, anzi sorpassava in magnificenza tutti gli altri popo- li circonvicini. Divenuto il sagro luogo l’oggetto delle pubbliche cure, durante il tempo di sua edificazione,fu provveduto con ogni diligenza a ciò che non tornassero i navigli dal Levante se non ca-