mio lavoro, secondo il secolo die vennero scolpiti, eretti ad onorar la virtù ed il valore di uomini chiarissimi, compiono la decorazione. Il primo di questi monumenti si erige alla memoria del doge Vitale Faliero morto nel ioq6,con lunga e onorifica iscrizione: il lavoro è rozzo, ma di qualche pregio, a-vuto riguardo al tempo in cui fu eseguito. I! 2.” chiude le ceneri della dogares-saFelice Michel, passata a vita migliore nel t i i i : l’elogio che si legge, in versi e-leeiaci, la celebra come amante di Dio e O * del povero, onesta e graziosa,abborritri-ce del lusso e delle pompe, pietosa, e infine ubbidiente a’ divini voleri. Sebbene somigli questo lavoro all’ altro indicato, pure fu scolpito da perita mano. Il doge Gradenigo, morto nel 1343, riposa nel 3.°sarcofago, opera non ¡spregevole. Sono scolpite sul dinanzi dell’urna 5 figurine rappresentanti la B. Vergine sedente in trono,e da’lati iss. Marco e Bartolomeo, e 1’Annunziata. I versi esametri formano l’epitaffio del doge. Marin Morosini, altro doge, decesso il i.° gennaio 1253, dorme nella 4-* urna, nel cui prospetto e in doppio comparto, in piccole ma tozze figure, sono scolpite l’immagini di Gesù Cristo fra gli Apostoli, e di Maria fra 12 Angeli con turiboli in mano. L'iscrizione ricorda solo il nome e 1’ anno del mortale passaggio all’eternità di quest’illustre. L’ultimo arco chiude le ceneri s't di Bartolomeo 11 de’ Ricovrati,eletto primicerio nell’anno 1407,come quelle degli altri sacerdoti di questo tempio. Il pavimento degli atrii e a vari comparti, contesto a minute pietre orientali di vario colore. Adornano gli atrii e insieme l’interno della basilica, l’imposte delle 5 porte di brouzo, le quali come nota il Cicognara nella Storia {fella ¿V/ì/<ìì A3, di mostra no antichissimo l’esercizio in Venezia dell’arte fusoria e dell’orafo. Beca la porta esterna, alla destra presso della maggiore, questa iscrizione: mccc. Magister Berlucius auri- 53 fex venetus me fecit. Dalla medesima si può dedurre, che anco le altre 4 esterne sieno opere lavorate in Venezia.Ma quelle di maggior conto, e su cui alcuni rimasero indecisi se sieno opera greca, ovvero sul Timi (azione de’greci lavorate in Venezia, sono le due interne dell’ atrio, cioè quella di mezzo e 1’ altra a destra del riguardante. Il Cicognara crede a ragione, che P ultima, tutta di bronzo e intarsiata con diversi metalli con figure e Santi greci, con iscrizioni pur greche, sia lavoro non dubbio di Costantinopoli: vuol quella di mezzo opera veneta condotta ad imitazione dell’altra. Nell’antiche memorie è riferito, che dallo spoglio della città di Costantinopoli, nel principio del secolo XIII, furono qui recate le porte di quella metropolitana di s. Sofia; e può credersi che la minore appunto potesse esserne una di quelle, adattata alla basilica Marciana. Se si osserva poi la porla di mezzo, si vede in essa un lavoro d’ imitazione dell’altra,tanto neH’intarsiature d’ argento delle teste, cioè, e delle mani d’ogni figura,come del bronzo;ese si esaminano l’iscrizioni latine,al nome di chi la fece eseguire, così scritto: Leo de Molino hoc opus fieri jiissit, si avrà di che giudicarla opera veneziana ; e tanto più che appunto questo Leone Molino era procuratore di s. Marco nel 11 12. In o-gnuna di queste porte poi sono effigiati moltissimi santi dell’antica e della nuova legge. Il descritto atrio o vestibolo, in lunghezza, dall’un capo sino alla cappella Zeno dove finisce, si estende piedi veneti 186, o metri 64,61 ; ed è largo piedi 18, o metri 6,25. Ed eccoci giunti all’interno del tempio, il cui aspetto produce quel singolare effetto religioso che già rilevai, ed un santo non descrivibile timore della Divinità; non disgiunto da quel sentimento derivato dalla forza del sublime, il quale tutta occupando alPioi-provvisola mente la solleva sopra la sfera de’ comuni concetti, e tosto conosce aver qui l’arte raggiunto il suo nobile fine.