no gli eroi del cristianesimo e quelli del gentilesimo misti in ¡strana comunanza, onci’è che taluno con ingegnoso ragionamento li stimò allegorie; come l’imprese del favoloso figlio d’ Alcmena che qui si vedono, da altri furono credule emblemi allusivi alla forza erculea della repubblica; ed altre sculture, con altre allegorie. Quest’ opere furono unicamente qui collocate per interrompere il nudo muro della facciata, acciocché splendesse l’arte dovunque e la magnificenza. Era comune e lodevole costume in quell’età, raccogliere ogni cosa per lavoro preziosa, e disporla affinché non perisse, ove il decoro de’ nuovi monumenti poteva guarentirne la conservazione; e così ve-desi operato sulla i." porta, entrando a sinistra nel tempio, ove alcune sculture sono distribuite sull’architrave, le quali aveano appartenuto ad altri edilìzi; e ricordano lo stile delle 4 colonne del presbiterio, il che non iscorgesi sull’ingresso alla destra decorato in diversa maniera. Anche l’interno in più luoghi presta argomento alla medesima osservazione. Si può tener presenlequanto coll’eruditissimo vicentino Marangoni in tanti luoghi ragionai, sulle cose gentilesche e profane trasportatead uso ed ornamento de’sagri Templi. Ma tra gli ornameuti più preziosi, e nel medesimo tempo più storici, che offre questo principale prospettosi notano i 4 famosi cavalli di bronzo esistenti sul pronao, e bellissimi per la loro vivace mossa e sveltezza di forme,spediti alla patria nel 1206, da Marino Zeno, e già salvali dal grand’EnricoDandolo nella presa di Costantinopoli. Molti chiari intelletti si applicarono ad illustrarli, ma rimangono ancora assai dubbiezze intorno al tempo in cui vennero fusi. Taluni opinano siano dessi un voto del popolo romano in occasione della vittoria riportata da Cor-bulone sui Parti, sotto l’impero di Nerone, e vogliono che fossero aggiogati alla quadriga del Sole collocata sopra un arco trionfale. Ciò si vorrebbe cuufer- 49 mare con due medaglie di Nerone dove sono espressi, ed anche per essere fusi in Roma tanto imperfettamente che convenne all’artefice restaurarli con numerosi tasselli ; ed ove Nerone avea chiamalo il famoso Zenodoro a fondere la sua statua colossale, appunto per riuscire imperfetti gli altri getti che si operavano a Roma in quel tempo. L’essere poi i cavalli di tutto rame e coperti d’oro,sembra certamente più proprio di quell’età e di quel fasto, che non di qualunque altro tempo. Ma il conte Cicognara però crede che tale opinione possa essere invalsa per tradizione o per congettura. I cavalli si trovarono nell’ Ippodromo di Costantinopoli, posti colà probabilmente fin dal tempo che venne trasferita in O-riente da Roma la sede imperiale, e questi medesimi poi, sempre frutto della vittoria, furono mossi piùd’una volta per l’ingrandimento delle nazioni. Così vennero portati a Venezia allorché fu fon- a dato 1’ impero latino in Costantinopoli, di cui il Zeno era podestà. Nel 1797 poi al cader della gloriosa repubblica veneta, Napoleone volle imbrigliarli facendoli trasportare a Parigi ; ma seguendo essi sempre il carro della vittoria, avrebbero nella caduta di lui dovulo posare il piede sull’lstro, se la magnanima equità di Francesco 1 nou li restituiva a Venezia nel 18 15. Conservano essi ancora le tracce dell’antica doratura, e ciascuno pesa 1750 libbre grosse venete : dal loro piede sonoalti veneti piedi 4 eoncie 7. Di questi cavalli parlai in più luoghi; ricorderò solo quelli in cui li dissi Scultura di Lisippo, secondo alcuni; e lavoro egregio di artisti di Scio, da dove li trasportò a Costantinopoli l’imperatore Teodosio 1, come vuole il Corner, il cav. Muxtoxidi e altri. Perciò di lavoro greco, opinione de’ più, come rileva il Moschini.Crede il cav.Mulinelli, negli Annali Urbani dì Venezia, essere indubitabile che i famosi cavalli di assai prezioso metallo e di molto antico e pregiato lavoro, già appartenuti ad una