a Venezia la fortunata aurora dell’epo-ca della coltura delle scienze e delle lettele, quando minacciato di quella turca invasione, per cui poi cadde I’ impero d’ Oriente, in Venezia a mano a mano non pochi savi e dotti greci rifuggivano ; e quando inalberato finalmente sulle torri dell’ espugnata Costantinopoli nel i453 lo stendardo di Maometto, un Bes-sarione, un Mannello Grisoloia, un Ge-tnisto PIetone,un Demetrio Calcondila,un Giovanni e un Demetrio Mosco di Lacedemone pubblico precettore di greca eloquenza, un Nicolò Sagundino, un Giorgio Franza, un Costantino Lascari, un Arsenio vescovo di Malvasia, un Giustino Decadiocorcirese, un Aristobulo Apostoli bizantino, un Demetrio Ducas, un Giovanili Gregoropulo pretense, ed un Antonio Eparco, uomini tutti sapientissimi, seco portando un gran numero di preziosi libri, per non dire di molti altri, Venezia elessero a stanza loro, come di sopra andai indicando, massime nel § XIII, n. 9. Allora si vide istituita una scuola d’ umanità pe’ giovani della cancelleria del doge, ed una pubblica scuola di simile insegnamento in ciascun sestiere della città; i patrizi più eruditi impresero essi stessi ad addottrinare, non ¡sdegnando salir la cattedra discesi appena dalla ringhieraodal naviglio sul quale aveano trionfato ; tutte le scienze, tutte le arti ebbero maestri, discepoli e protettori; si fondarono accademie ed altre letterarie adunanze, e si raccolsero biblioteche, il che narrai nel § XV, n. 2 ; onde i veneziani anche in dottrina repu-tatissimi, vennero poi per 3 secoli non interrotti a gareggiare in cultura con qualunque altra nazione d’ Europa : come può leggersi nella celebre opera, Della Letteratura Veneziana, del eli. Marco Foscarini, che descrisse le glorie letterarie de’ veneziani, oltre i ricordati nel § XV, n. 1 e 2, e nel n. 8 del presente, con analoghe nozioni.Se per lungo tempo restò negl igentata l’educazione dello spi- 479 rito de’giovani, lo fu assai più quella delle donzelle. Unico studio era il tenerle segregate da ogni commercio sociale, allineile la loro innocenza non fosse lesa 0 macchiata dalla sfrenatezza de’costumi; laonde non uscivano di oasa che nel giornodiPasqua e in quello delNatale per ricevere la sì. Eucaristia, accompagnate da vigili custodi, e velate nella faccia e in gran parte nella persona ; affatto non recandosi nell’ altre feste alla chiesa per assUtere alla messa e a’divini uffizi. Condannate la donzelle a si perpetua clausura, ove per mancanza d’educazione e di movimento l’ingegno il più acuto veniva a intorpidirsi, ed il corpo più vegeto a fiaccarsi; inoltre la severità vietava loro d’ ammettere in quel ritiro persone straniere,appena talvolta concedendosi a’parenli.— Riflettendo in seguito saggiamente i veneziani, che pel gran fine cui essi tendevano, di consolidare cioè il proprio governo, molto più necessaria dell’educazione dell’intelletto si rendeva allora quella del corpo ; per tanto statuirono che tutti i cittadini si dovessero addestrare in esercizi di fatica, d'agilità edi forza, per rendersi o conservarsi abili alle militari funzioni. Fra’ vari esercizi di tal fatta, il principale fu quello della caccia. Spessi boschi di querele, di carpini, di larici, d’ abeti, d’ orni, di pini, di pioppi tremuli e di tamarisci, avanzo dell’ antica e vasta selva di Fetonte, rigogliosi vegetavano ne’passati secoli sopra i lidi circostanti a Venezia, e dagli estremi cheguardano il settentrione sino agli altri orientali di Chioggia maestosamente coronavano le Lagune e la città. In copia vi nidavano gli alcioni, i fagiani, le pernici, i fenicouteri, gli aghi-roni, i cervi, i cinghiali, i lupi, le volpi, 1 martori e gli stambecchi,ocapre selvatiche; animali tutti, che per I’ accaduto svellimento di que’boschi e per la successiva coltivazione de’ terreni si partirono poipersempredaquesta regione.Dal mese d’agosto a tutto quello d’ottobre, con-