4oS cessoli d’invigilare con tutto lo studio, acciocché l’eletto alla cura della chiesa, se co’ rei sentimenti risvegliasse lo scisma, ne fosse rimosso e surrogato altro fornito de’presciitti requisiti. Alla fine carico di meriti pel glorioso governo, consumato dalle fatiche, nel i y i 3 fu da Dio chiamato all’eterna retribuzione de’giusti. Gli onori a lui resi dopo morto, corrisposero alla venerazione eh’ erasi guadagnata nel decorso della vita. 1 suoi funerali celebrati nella chiesa di s.Giorgio ebbero tutta la pompa e maestà. Recitò l’elogio a suo onore il dorile Antonio Girolamo Landò nobile candiolto. La santità de’costumi, e l’ardente zelo pel bene della religione, furono i due argomenti che oifrirono al facondo oratore vastissimo campo da celebrarle sue azioni. L’elogio più nobile è quello, che formò di lui il gran Papa Clemeute XI, allorché col breve Tristati non panini, presso Clementis XI, Epistolae et Brevia se-lecliora, p. 1842, in data i3 maggio 1718, si dolse colla serenissima repubblica della morte di sì degno prelato. Riamava Clemente XI che gli si das-se un successore, il quale camminasse dietro le sue vestigie, e non lasciò di eccitarne il religioso zelo della repubblica. Non essendo stato eletto verun altro, ne avvenne che corsi appena 3 anni dalla morte di lui, restala la chiesa di s. Giorgio sotto la direzione de’sacerdoti greci, eletti amovibili a beneplacito della confraternita di s. Nicolò che ne possedeva il padronato, si rallentò il vigore dell’ecclesiastica disciplina. Il patriarca Pietro Barbarigo pieno di zelo estirpò gli abusi ei disordini, che l’aveano de* formata, rimise in piedi i savi regolamenti per cui avea prima fiorito, ed intimò a tutti di doversi onninamente conformare a’ì.uoi decreti, sotto pena di soggiacere a gravi castighi. Per le quali cose meritò il sovrano gradimento di Clemente XI , col breve Niliilprofeclo est, de’ 15 luglio 1718, loc. cit. p, a3oo, Epistolae et Brevia (questa data conferma, che sono errate quelle di Corner e di Rodotà che fanno morto nel 1718 l’arcivescovo Tipaldo, per cui le corressi, mentre è certo che ciò avvenne nel 1713, anche secondo i registri mortuari') della chiesa di s, Giorgio); e fu secondato dalle rette intenzioni del governo veneto,il quale istruitode’notabili mancamentid’alcu-ni nazionali, tosto li bandì dalla chiesa. Per impedire il germoglio di nuovi abusi volle la signoria veneta fino dal 1751, che la chiesa dis. Giorgio fosse governata da un sacerdote col titolo di Vicario, sinché si presentasse opportuna occasione di provvederla di degno prelato. Le qualità di cui dovea esser fornito, furono prescritte dal consiglio de’Dieci. Primieramente, dover egli essere notoriamente cattolico; e mancando la notorietà, a-vesse giurata la professione del Simboloapostolico e delle definizioni del concilio Fiorentino. In 2.° luogo, che esattamente dirigesse gli affari ecclesiastici della chiesa. Di vantaggio, che oltre al patriarca, nuuzio apostolico e loro vicari, potesse anch’egli esaminare e approvare, con attestato giurato da presentarsi a detto consiglio, la cattolicità de’cnppella-ni. Finalmente, dover esser sua cura e pensiere, che da questi siano amministrati i sagramenti, ed esercitare le funzioni secondo il rito e costituzioni approvate. In seguilo d’un decreto sì plausibile, nel 1751 fu eletto in vicario l’ab. Muazzo, e dopo la morte di lui nel 1758 Milia. Ambedue fecero le prove nelle mani del patriarca di Venezia,e adempirono alle provvide leggi prescritte dal pubblico governo. Frattanto la greca nazione riandando colla memoria la maestà delle funzioni pontificali, della cui pompa risplendeva una volta la sua chiesa, e del cui grato aspetto n’era stata priva 4d anni, non senza grave e universale cordoglio, risve-gliossi in lei il pensiero nel 1762 di restituirle l’antico decoro, ed eleggere nuovo vescovo. Aveudo incamminato le pre-