562 principalmente ne’ §§ VIH e X, un numero assai maggiore di chiese, di convelli! e di monasteri d'ambo i sessi, distrotti co’ loro doviziosi ornamenti, e preziosi archivi e biblioteche, demoliti e dispersi ne’ primordi del corrente secolo dal genio distruggitore. Anche per questo riesce di somma importanza la piìt volle lodata opera del cav. Cicogna, Inscrizioni Veneziane, nella quale laboriosamente e con pairio amore raccolse un tesoro di memorie che altrimenti andavano per sempre perdute. E vero però che molte opere artistiche, e le ss. Pieliquie che in tanta copia arricchivano gli abbattuti templi,passarono, per la maggior parte, a decorarne altri, e quanto alle prime anche le pubbliche raccolte di belle arti; non pertanto notabile numero andò disperso e passò all’estero, come ripetutamente deplorai. Dalle brevi descrizioni artistiche che feci delle numerose esistenti chiese, si rileva che nel numero maggiore sono monumenti architettonici superbi, e molti vero modello d’arte, ed empori! di bellezze artistiche in pittura e scultura. Dice giustamente il eh. Zanotto nelle sue giunte all’ opera, Le Fabbriche e i Monumenti eli Venezia, da questi molteplici lavori di belle arti, esistenti in molti templi, qual più qual meno degni di considerazione, ben si vede come i padri nostri curassero I’ onore e il decoro del santuario, e come questa virtù fosse di sprone ed eccitamento a promuovere, oltreché la pietà ne’ fedeli, ed io aggiungerò l’ediQcazione de’forestieri, l’incremento delle arti sorelle, per cui salirono esse all’apogeo di quella gloria che valse a far celebrare la bellissima Venezia fra le nazioni. » Ed il gentil forestiero che visita questeLagune, ad ogni passo inarcando le ciglia, muove parole di lode, e una lagrima versa su questa città altre volte regina de’ma-l'i, e sui generosi, che in secoli più fortunati la ingemmarono di fabbriche,di te- le e di marmi cospicui, per cui starà sempre, se non inclita regina, almeno veneranda matrona, degna di appartenere al più giusto e paterno de’Monarchi. Che se 1’ invidia straniera coll’ avvelenato suo tosco cercò e cerca d’annebbiare sì bella gemma del mondo, gli sforzi suoi non servono ad altro che a farla emergere più lucida e tornar più cara agli occhi de’ buoni. Così il sole vince colla forza degl’infocati suoi raggi l’in-vide nubi, e più fulgido brilla sul pina-colo de’ cieli, anzi signore de’ cieli, ad illuminare il sottoposto universo che nell’ebbrezza della sua gioia scioglie un cantico di lode, chiamandolo con Dante : Lo bel pianeta, che ad amar conforta”. A tratto così eloquente d’ un illustre veneziano, segua quello pur facoudo d’ un romano intelligentissimo di belle arti, Quirino Leoni. Scrisse egli nell’ Album di Roma de' t5 luglio i854 , t. 21, p. 161, all’egregio pittore vicentino Pietro Roi. » Spettacolo nuovo per certo, e più ad incanto che a meraviglia rassomigliante, è quello olFerto all’ italiano o straniero viaggiatore, il quale ponga per la prima volta piede iu Venezia, in questa dominatrice dell’acque, ridente figlia dell’avventurata Laguna. Dire che sorpassa ogni immaginazione, è nuda verità: possono più o meno approssima ti va mente immagina vùLondra,Parigi, il Valicano, il Colosseo (F.)-, Venezia sola nuli mai. Dessa è un mistero che senza vederlo non si comprende, e tutta un monumento immenso, che mille altri ne racchiude: niente ha di comune colle altre città ; e se queste, tranne forse Roma (V.) nelle sue principali grandezze, portan seco l’impronta della mano dell’uomo, Venezia sola sembra tutta fattura di un Dio. Templi, palagi, colossi, ponti, giardini, isolette vaghissime, monumenti severi, canali maestosi, I’ a-menilà della calala, il furore della tempesta, tutto si mescola e si avvicenda nel recinto di questa città senza pari: per la