682 ma assai svelta, con arco sostenitore tl’tin copertoche convenientemente serve d’or-namentoe di comodo. » I nostri Imo-dì vecchi, se non architettoniche volte, volevano che qualche tettoia almeno fosse sempre sovrapposta alla porta delle loro abitazioni ; uso sbandito dalle moderne usanze che sdegnano di attagliarsi alle antiche; e intanto tu che sei talvolta costretto d’ attendere in sulla strada dall'altrui indiscrezione che s’alzi ilsalisceu-do dell’ uscio, o resti percosso dal sole, o bagnato da tal nembo di pioggia che mette a ripentnglio la tua salute”. Il tempio ebbe capriccioso rifacimento nel i65o, ed il Moschini con molta diligenza descrisse tutlociò che in tavole, in lapidi, in monumenti passò da s. Cipriano a ricettarsi nella sontuosa residenza attuale alla Salute in Venezia, insieme col trasferimento del seminario patriarcale. Fervidi furono i primi tempi, ma presto poi a tanto torpore passarono, che quantunque oltre seimila sacerdoti si noverassero nel veneto clero nel XVII secolo, tuttavia 20 soli alunni contavansi in s. Cipriano ni principio del seguente. Opera benemerita de’somaschi fu il rimettere in vigore una pianta insei valichila, in cui seppe innestare sorgoncelli sì nutritivi che non tardarono a dare frutta eccellenti. »> Due osservabili oggetti tuttavia richiamavano al derelitto tempio il passeggere istruito: le mute ceneri d’un uomo illustre, e le reliquie d’ un musaico di osservabilissima struttura. E quanto alle ceneri, erano quelle del fermo repubblicano a cui andò debitrice Venezia del-I’ ammirabile tranquillità ed imperturbabilità del suo governo per oltre cinque secoli non interrotti. Il doge Pietro Gradenigo , che spense la tumultuosa democrazia e sostituì al reggimento della patria il governo degli ottimati (come narrai nel n. 7 del § XVI, e dirò pure nel §XIX, nel dogado 49-°)> venuto a morte l’anno 1 31 j , volle qua il suo sepolcro, e qua egli giace benché non sia oggidì conosciuta la pietra che le sue ossa ricopre. Una pia femmina veneziana, il cui nome era Frosiua Marcella, ebbe il divoto pensiero di far costruire nel XIV secolo un grandioso musaico che ornava la volta della maggior cappella del tempio. Staccalo di questi dì dalle pareti (nel i83y) per pattuita mercede sta trasmigrando per andare a posarsi in altre regioni. Se il commettere il disegno , se la esecuzione indicavano arte infantile, non era per questo l’opera di tenue importanza siccome monumento indicante fasi nelle bell’arti molto notabili”. — S. Matteo apostolo ed evangelista, volgarmente s. Mafjlo delle monache benedettine. La chiesa era antica quando le matrone venete Marina Malipiero, Marche-sina Soranzo e Donada Vitturi, essendo vedove, determinate a chiudersi in un monastero, l’acquistarono col terreno per erigerlo, dalla chiesa matrice, con approvazione del 1280 di Egidio vescovo di Torcello, coll’ingiunzione di riconoscere a superiori i vescovi Torcellani con annuo censo di due ampolle di vino, oltre gli ossequi alla matrice. Ridotte in breve tempo le fabbriche e rinnovata con maggior decoro la chiesa,le 3 vedoveen-trarono nel monastero accompagnate da un nobil coro di vergini, e tosto vi fiorì la regolare osservanza. La badessa Maria Gelsi da questo monastero, già decaduto, neli48i passò a fondar quello de’ ss. Cosma e Damiano in Venezia; e Maria Aliati fondò il monastero de’ ss. Marco e Andrea in quest’isola. Si veneravano in questa chiesa i corpi de’ss. Gaudenzio e Teodoro martiri, e molte altre insigni reliquie , non che il simulacro di Gesù deposto dalla Croce, qui trasportato da Candia. Colla soppressione de’mo-nasteri, ne’primordi! del nostro secolo, sparirono chiesa e monastero. — S. Jacopo Maggiore, apostolo delle monache agostiniane. S’ignora quando e da chi fosse fabbricata la chiesa e il monastero, bensì esistevano nell324. Situati nell’e-