58 che il Involo di questa Pala d’Oro per la chiesa di s. Marco, fu ordinalo a Costantinopoli dal doge ». Pietro Orseolo nel ì)76; però il lavoro fu compito soltanto nel i to') nel dogadodi Faliero, secondo tutti gli storici. In vece il Cicognara, su questo insigne capolavoro dell’arti, osserva che nell’iscrizione posta in versi dal celebre doge Andrea Dandolo nel i 34^, divisa in 2 riquadri nel mezzo dell'ultimo ordine de'compartimenlidella Pala, può leggersi l'intera storia di questo antichissimo monumen to, a malgrado la mancanza di luce de’teinpi precorsi. Sull’appoggio di tale iscrizione, egli nega che dal 976 al 1 io./) abbia durato il lavoro; ed al contrarioèd’avviso che il lavoro sia stato eseguito in 5 0 G anni di tempo, e terminato nel dogado del successore dell Orseolo. Primieramente egli crede che assai menoainpiadeH’esislentefosse costruita la Pala,eBnzi portatile, com’erano a quell’epoca gli antichi Trittici, per facilitarne il trasporto, e la collocazione ne'vari tempi e modi, secondo le diverse solennità, o le costumanze 0 i bisogni, quaiid’anco si voglia formata con qualche maggior numero di compartimenti, perchè Cantiche tavole o ¡coni solevano del pari ripiegare in 4 o in 5comparti. In secondo luogo egli ammette la 1."opera di materia puramente metallica, con lavoro di smalti, e riflette non esser probabile chesi tenesse a giacere quella Pala, senza culto, reduce appena dall’oriente, calcolata l'impazienza de’veneti di possederla, fatta com’ era col peculio del pubblico erario, e se ne affrettasse il collocamento ancorché si lavorasse per la principale ricostruzione del tempio. Con occhio artistico inoltre il Cicognara osservando i G quadri, nella parte superiore della Pala con greche iscrizioni, li riconosce alle tracce della composizione e del disegno, d’uno stile corrispondente all’o-pere de bassi tempi, specialmente bizantine; li trova di più in confronto agli al- ili quadri, moltissimo danneggiati, e si persuadequindi della maggior loro vetustà, e appartenenza alla l.a costruzione del monumento. Qualunque peso si attribuisca tuttavia a simili induzioni, è di fatto, comesi legge nell'iscrizione medesima del Dandolo,che il doge Ordelafl’o Faliero nel 11 o5 cominciò ad abbellir questa Pala e adornarla di gemme. Triplice ne viene quindi la conseguenza ad appoggio delle riferite induzioni, che ben prima deli io5 fosse giunto da Costantinopoli il lavoro; che quell’antica non fosse allora preziosa, al grado in cui lo divenne poi ; e che un qualche uso per 1’ avanti si avesse fatto della Pala, non essendo probabile che il Faliero si occupasse a rinnovarla appena veduta,ch’è quanto di re appena creata. In quella circostanza si aggiunsero molti quadretti a ingrandimento della Pala, e n’è argomento evidentissimo l’effigie dello stesso Faliero, nell’ordine più basso, alla destra della Vergine, dietro la serie di quelle de’ Profeti , quand’anche non si considerasse la serie appunto de’ Profeti stessi, e gli ulteriori soggetti simili per lo stile a que’ quadretti e all’altro alla sinistra appartenenti alla 2." epoca, e ordinati forse a Costantinopoli, o eseguiti d'artefici bizantini venuti appositamente a Venezia, spiegati in latine iscrizioni con versi singolarissimi. Alla qual serie di lavori è a credersi spettar tulli i piccoli quadrelli del contorno della Pala, e forse gli Evangelisti medesimi situati nel centro. Una nuova ristorazione della Pala devesi ammettere eseguita sotto il dogado diPietro Ziani nel 1209; il quale ristauro forse ebbe luogo nelle parli del centro, e probabilmente negli Apostoli e Santi del 4-° ordine, benché pel loro carattere nobile, pel gtìsto delle pieghe, e per una certa eleganza nel disegno, inclini il Cicognara ad attribuirne la rinnovazione nell’ultima e-poca, e perchè giustamente riflette, aversi allora posto mano agli abbellimenti e all’incremento del ricco lavoro, e perchè a quel tempo era già seguita la conquista di Costantinopoli, e facevansi a;iche in