pur esse portavano in capo una herret-tuccia con aureo fregio , da cui fuggiva sciolta e inanellata la chioma , come si ■vede nella figura della tavolalo.“ Tutto-ciò sino a tanto che non furono i veneziani a contatto cogli altri italiani ; ma quando ciò avvenne, abbracciarono colle loro mode eziandio quelle dell’allre nazioni d’Europa, giacché al principio del XIV secolo l’usanze di Francia, di Germania e di Spagna erano già in voga per tutta l’Italia. Nella tavola i i.“ si ha la figura d’ una donna del secolo XIV, sul costume delle donne veneziane in quel secolo avendone scritto Cesare Vecellio. Sono le medesime vesti delle piacentine, allacciale con cintura, ampie, colle maniche fatte a foggia dello scudo catalano, co’bugoli o reticelle d’oro per acconciatura del capo. Il vestito e l’altre persona- li usanze de’veneziani, sia de’ giovani e garzonastri nobili e plebei, sia degli spadaccini, deliravi e delle femmine, sì in quell’età che dopo, non furono punto diverse da quelle degli altri italiani , de’ quali da per tutto ne abbiamo i monumenti. Il medesimo Mulinelli negli Annali Urbani di Venezia, pai lamio delle costumanzedella i." metà ilei secolo XIV, dice che abbandonata nelle vesti la foggia degli 01 ienlali, ma Serbandone la lunghezza, alcuni usavano strette maniche, e allora dogalina tal veste dicevasi;quel-la colle maniche larghe si appellava da-cale; portando poi tutti il cappuccio,che lateralmente e sopra la sinistra spalla pendeva, o coprendosi la testa con certa berretta a cartoccio, che berretta a tozzo ed anco alla sforzesca chiama vasi. Nel principio del secolo XVI i vestimenti alla francese erano comuni tra’ veneziani, ed alla fine del medesimo, dimentichi di esser nati in Italia, imitavano le foggie de’ francesi e degli spagnuoli. Con tali mode si adottò pure la magnificenza e la preziosità de’drappi ond’erano formate le vesti. Ne portavano perciò le donne alcune conteste d’oro,adornate di pelli rare e con lunghi strascichi; smisuratamente si fregiavano di monili e d’iir-milled’oro e di gioie ricchissime, rilucendo le dita delle loro mani di molte anel-la di balasci. Tanto scialacquo di denaro per un oggetto cosi frivolo chiamò più volte l’attenzione e il rigore d’ un governo, il quale era istituito sopra semplici e austeri principii, di che dovrò in più luoghi riparlarne. Quindi ne’ secoli XIV, XV e XVI vennero fatte più leggi suntuarie di prammatica, riportate dal Mulinelli a p. 3oc) degli Annali Urbani, per le quali si prescrisse un limite al valore de’panni delle vesti, ed a quello delle minuterie; per cui alla (ine del XVI s’era ridotta la cosa a termine assai comportabile e onesto, vestendo allora le donne di soprabito nero in ogni tempo alla greca.Da quest’ultimo costume deve aver tratto origine quell'abito nero di seta appellalo vesta e zendà, il quale si portava unicamente a Venezia nella mattina dalle dame e dalle femmine di condizione civile, quasi abbigliamento alla domestica, e che usato venne costantemente sino al termine della repubblica. In mezzo a tanto dissipamento, però incorrotto si mantenne l’uso del ve- lo bianco di seta, di cui s’abbellivano le donzelle venete, e di punizioni severissime si minacciarono quelle sfacciate meretrici, che avessero osato di valersi di quest’ornamento unicamente destinato a simboleggiare la verginità e la candidezza del costume. Del pari si mantenne tutta propria delle donne veneziane la foggia del calzamento sinché vennero in moda le gondole. Imperocché a vanti che si selciassero le strade, essendo tutte polverose e coperte di fango, se gli uomini cavalcando si potevano schermire, le donne obbligale a incedere a piedi, per non imbrattarsi portavano altissimi zoccoli, larghi e senza calcagnino, al modo espresso nella ricordata tavola i i .a E pare che li lasciassero entrale nelle case loro, per prendere un calzamento più leggero. Ve-