49° da’compagni della Calza, sebbene con pompa e con magnifici apparati, non si potevano considerare come vere e perfette rappresentazioni teatrali, mentre nella composizione non erano punto osservati i precetti dell’arte, e nella Piazza di s. Marco,ne’campi é nel Canal grande si eseguivano sopra mobili palchi, o come praticavasi altrove,nelle salee nelle corti de’palazzi, ovvero ne’ conventi, come in quello di s. Stefano, in cui venne rappresentata l’ii febbraioi 514- Asinaria- di Plauto, d’anonimo tradotta in terza rima. Frattanto nel pontificio di Leone X, ed a Roma, ove già avea il celebre Pomponio Leto,efficacemente coadiuvato dal Cardinal Raffaele Riario, ri* chiamato il teatro alle regole antiche (il che rilevai nel voi. LXXllI,p. i y4eseg.), recatosi a Venezia Francesco Cherea, valoroso istrione, tenuto in sommo pregio dal Papa,si fece egli ad addottrinare sulla vera commedia in guisa, che hen presto ne furono molte rappresentate da stimati attori, fra’quali i più rinomali furono Antonio da Molino soprannominato Bur-chiella (probabilmente per allusione al celebre omonimo di cui dissi alquante parole nel voi. LXXX1 V,p. 82), che buffonescamente parlava in lingua greca e slava corrotta coll’italiauo, facendo mille altre giullerie, l’organista di s. Marco fr. Armoniode’crociferi, il musaicista Valerio Zuccato e Polonia di lui moglie. Ma corretto il poema, mancava ancora quella sala destinata espressamente per le sceniche rappresentazioni, appellata appunto Teatro. La gloria della fondazione del I.” teatro era serbata ad una delle compagnie della Calza. Nel 1565 si ordinò da essa al sommo vicentino Palladio l’erezione d’un teatro nel grande atrio corintio del monastero della Carità, gin poco prima dallo stesso Palladio costrutto; si commise a Federico Zuccari la dipintura di 12 quadri e scene, e finalmente colà rappresentavasi l’Antigono, tragedia di Conte dal Monte vicentino , che fu stampata nell’istesso anno. Il teatro fu condotto sulla forma degli antichi, cioè a mezzo cerchio e colla scena dirimpetto a’gradi sui quali sedevano gli spettatori (in questa medesima forma fabbricò poi Palladio l'Olimpico, che tuttora ammirasi nella sua nobile patria , madre di altri molti eletti ingegni, anche viventi); ma sebbene Palladio avesse studiato a fondo le fabbriche de’greci ede’roinani, e di proposito sapesse i precetti di Vitru-vio da non temere della riuscita di quest’impresa, pure non poco fastidio e non lievi sudori ebbe a costargli; poiché compita l’opera scrisse al magnifico Vincenzo Arnaldi di Campagnon nella provincia Vicentina, che avea fallo la penitenza de’peccati da lui commessi e che stava per comnoettere.Queslo teatro, fabbricato però di legno, per lungo tempo fu segno all’universale ammirazione, e molti anni appresso divenne causa innocente dell’incendio d’ima gran parte del monastero della Carità. Dietro quest’esempio sursero indi altri non pochi teatri, di cui il Groppo pubblicò il novero, ed io ne parlai nel § XV, n. 1; e quindi vieppiù si accrebbe l’amore per le sceniche rappresentazioni, favoreggiato grandemente dal governo, con avveduto accorgimento. Giacché, tolte alcune ore al vizio, veni-vasi ad impedir non pochi delitti, che più facilmente si avrebbero potuto commettere da quella turba d’oziosi, che sempre abbondano nelle città grandi, com’era in quel tempo Venezia. Il consiglio de’Dieci e più particolarmente il Magistrato degli esecutori contro la bestemmia, invigilavano però con tutta diligenza affinché nelle commedie e nelle tragedie fosse rispettata la nostra s. Religione, e non venisse recata offesa alla decenza del costume; e se a Roma si rappresentava la Passione di Cristo, se a Firenze l’Abramo, se a Modena i miracoli di s.Gemi-niano, da valenti ingegni espresse; se Ber-nardaPulci scriveva il Barlaam e il Gio-safat, e se finalmente l’Alauianni coni-