4 94 bra, ec., e specialmente con quella de’ gidli cenomani loro vicini ed alleati, benché cedesse poi del tutto alla lingua latina divenuta d’uso generale , come nel ■'esiodei grande impero romano; tuttavia le proprie inflessioni in gran parte conservò , e forse anche alcune voci, onde neppure gli eccellenti scrittol i latini della Venezia poterono spogliarsene interamente, e la lingua del Lazio dovette nel Veneto piegarsi al dialetto nazionale, e accettare alcune sue forme”. La lingua dunque de’veneti, allorché vennero nelle lagune, era naturalmente la latina, ma con poche formee voci particolari.Queste forme, durante la loro dimora nell’isole, si andarono sempre più allontanando dalla lingua primitiva, nuove se ne aggiunsero, derivate da’nuovi bisogni e da’fre-quenti rapporti col resto d’Ilalia e coll’impero di Costantinopoli, onde venne a formarsi poco a poco il veneziano dialetto. La pronunzia conservò sempre la naturale sua indole di dolcezza, poche parole terminando in consonanti o tronche, e sostituendo suoni più dolci a quelli più duri. Di più il prof. Boinanin ne’docu-menti pubblicò alcuni saggi inediti del dialetto veneziano de’secoli XIII e XIV. Questo dialetto dovette certo assai per tempo prestarsi alla poesia, che la giacitura'particolare della città, e i grandi avvenimenti e le popolari tradizioni dovevano facilmente ispirare, e se ne ha ricordo nelle canzoni e cobole, componimenti lirici, che il popolo cantava nel j 268 per l’elezione del doge Lorenzo Tie-polo. Queste poesie andarono sciaguratamente perdute e cederono il luogo nel i3oo alle provenzali, all’italiane e latine. Nel t. 2 del VEffemeridi letterarie di Roma del 182 1 ,a p. 58, si legge: DelDia-letto Veneto: Lettera d’ un viaggiatore oltramontano. Ne farò un estratto. Il dialetto veneziano è quello che generalmente si parla in Venezia e in tutte le città considerevoli del suo stalo, tranne alcune poche, come Beigaiuo e Brescia, le quali ne hanno uno particolare. Per rispetto alle quali città è da osservarsi,ch’esse non erano comprese in quel tratto di paese, che fu abitato dagli antichi veneti, ma furono fondate da' galli cisalpini. L’antica lingua di questi popoli traspariva nel loro latino, com’é agevole di riconoscere dalle iscrizioni raccolte dal Maf-fei; ed è probabile, che gli originari dialetti delle diverse nazioni, che si stabilirono in Italia, sieno una rimota cagione della varietà de’linguaggi che vi si parlano presentemente. Tra questi, il veneziano è senza dubbio il migliore. Egli,come documenta il Boerio nel suo applaudito Dizionario del dialetto Vertes/arao,respi-ra tutta la greca soavità; ed anzi è più dolce e più insinuante del Toscano (V.)t quantunque poi gli sia di gran lunga inferiore in dignità e forza. Il giudizio però che ne può fare un forestiere, è sempre di poco momento; se non che migliori pi ove del merito di quel dialetto sono già state recate in mezzo da Saverio Bettinelli, e da una lunga schiera d’altri italiani scrittori,i quali si deve naturalmente supporre, che abbiano avuto un tatto più fino per distinguere ogni sua perfezione. Nelle poesie di stile piacevole e scherzoso dà diletto; e la poesia veneziana, pei così esprimersi, paragonata a quella dell’altre nazioni, è per molti rispetti ciòch’é la scuola veneta di pittura a quelle del rimanente d’Europa. E veramente Venezia mi piccolo monda in se stessa; le sue arti, le sue maniere e i costumi sono tutti propri di lei e particolari. Ella mostra originalità quasi in tutte le cose, nella lingua, nella pittura, nella poesia, uella musica; le quali però deve dirsi che sono qnales clecet esse sorores. Ma noi presentemente non consideriamo che la sola lingua. Essa è principalmente d’origine Ialina, tinta di greco, di schiavone, e di non so che d’altro. La porzione però che vi è infusa di greco forse non é maggiore di quella ch’è sparsa nella lingua italiana; ed io sono di parere, dice l’auto-