84 fulla, della seguente corrispondenza da Roma,per la quale intorno alla cattedra, che si vede nella basilica nostra (e già illustrata con ogni sforzo di erudizionedal fu eh. p. Giampietro Secchi della C. di G. per applicarla al s.Evangelista Marco) sono messe a campo opinioni ed interpretazioni tanto diverse da quelle del p. Secchi, che importa assolutamente conoscerle^ tanto meglio,che nulla tolgono al merito grandissimo del p. Secchi in tul- io ciò che tiene alla parte filologica dell’opera sua, e segnatamenle intorno alla poesia,»’ritmi ed alla musica degli ebrei. Ecco adunque il brano di lettera l'ò dicembre a. p. che mi venne daRoma indetto proposito.—-Nella mia breve dimora costì parlammodellacattedra marmoreo, che conservasi nella basilica di s. Marco, la cui iscrizione pubblicava il defunto p. Secchi con alfatto singolari dottrine. Le diceva io allora che l’orientalista Michel-angeloLanci l’aveaspiegala nel veracesuo senso;e mi piace di dargliene ora la precisa contezza. Dicole adunque che l’orientale scrittura, che trovasi scolpita sul dosso della cattedra conservata in s. Marco, fu lavoro ili mano trascuratissima, e di persona nudamente calligrafie poco esperta del linguaggio che v’intagliava. Le forme delle lettere sono sì male disegnate, e più male sculte, che senza una larga perizia di consimili scritture o non si legge affatto, o si abbatte ad inevitabili mende, L’esperto orientalista non tarda a conoscere que'caralteri per ebraici comunali, ma di pessima forma, e de’bassi tempi nostri,e raddrizzate le torte lineette, e separale le voci con senno non ha fatica di leggervi sopra (segue il testo ebraico): che, interpretate parola a parola, dicono iti nostra favella; Mosce da Recoaro solcar fece gli accenti a questa generazione, ciò che alla maniera italiana direbbe: Mose da Recoaro segnar fece gli accenti alla generazione in che viveva. E da notare, che il vocabolo Mosee, cioè dire Mose, porta seco una voce che uon dovrebbe per grammatica avere. Ciò mostra la poca perizia in chi vergava la scritta. Poi è da sapere che, in molte sinagoghe, le pergamene loro non avendo segnato gli accenti od apici, che stabiliscono la qualità del suono per voci di canto, altresì le posale per la fermezza de’sen-timenli, i valenti rabbini ve li fecero aggiungere gran tempo appresso. In prova di ciò è da ricordare che il rabbino Beer Sciabbattal, di Pesaro, amico del Lanci, fu quegli che intorno a 4o anni fa introdusse questi stessi accenti nella sinagoga anconitana, che sino a’ suoi giorni non gli ebbe usati. Non è dunque meraviglia, che il Mose da Recoaro operasse il medesimo a tempo suo. Queste brevi noteilLanci le comunicava pocodopoche il p. Secchi aveva dato alla luce il suo voluminoso Commentario , al marchese Miniscalchi di Verona, il quale promise di farne subbielto di apposito suo scritto ; ma non se ne vide mai cenno per istampa. -rrr Però la prego di voler partecipare quanto sopra ai lettori del ben riputato suo giornale, che certo l’avranno a grado, E. T. P. A. ” La Cronaca di Milano, del eh. cav. Ignazio Cantù, an. IV, sem. i.° a p. 446, quasi tal quale riprodusse il riferito. Può vedersi anche il n. i g del Crepuscolo del i 858. Adunque della fin qui creduta cattedra di s. Marco, illustrata dal p. Giampietro Secchi, non è da far più parola, se non come semplice oggetto d’archeologia, dopo quanto fu scritto in opposizione a quel fiore d’ingegno e di vasta dottrina, infaticabile scrittore e virtuoso religioso, che nato in Sabbione di Reggio morì esemplarmente in Roma a’io maggio i856. Il p. Giampietro Secchi fu quale un forbito scrittore ne pubblicò, col ritratto, i Cenni biografici, nell’ Album di Roma, t. 25, p. 94. Fra l’altrecose rilevò: Che l’illustre gesuita, benché provocato, mai entrò in lizza letteraria, preponendo al vuoto rumor del trionfo l’umiltà e la verecondia del silenzio* E che talvolta soleva ripe-