— 208 — Non possiamo insegnare l’affetto verso lo Stato, sintesi ed espressione concreta dello spirito nazionale, perchè lo Stato in cui viviamo è nemico della nostra nazione ; non possiamo predicare il culto della guerra e della disciplina militare, perche i nostri giovani devono servire in un esercito che è nostro nemico; non possiamo parlare di politica positiva e cosciente, perchè la nostra attività è fatta di negazioni. Qui non possiamo nulla. Il nostro programma deve essere quello della vecchia borghesia che distrusse, non quello della nuova che sta edificando. Con l’Italia noi saremo i veri uomini, «.li uomini completi che daranno il loro lavoro e la loro intelligenza nell’opera comune per la grandezza della Patria ; quello che sarà creato da noi e quello che sarà pensato farà parte di una grande creazione e di un grande pensiero; il nostro spirito contribuirà a creare le nostre leggi e le nostre leggi fisseranno i nostri destini. I nostri figli marceranno su deserti e per città popolose dietro alla bandiera della Patria» e piantandola vittoriosa pianteranno sul suolo straniero la nostra civiltà, il prodotto del nostro volere. Noi non vogliamo rimanere estranei, involontari disertori delle battaglie, incolpevoli oziosi del lavoro comune, anime innocentemente ottuse alle tragedie del pensiero nazionale. Noi vogliamo abbattuta la frontiera che costringe soli — 209 — tra gli italiani ad essere ringhiosi negatori, mentre gli altri affermano la novella vita. Sognare la libertà, mentre gli altri sognano, l’impero è un’ironia che uccide. Noi vogliamo il nostro posto nella vita italiana e con l’Italia il nostro posto nella storia del mondo. B l’Italia deve volere noi. Noi siamo la città borghese. Non memorie di antiche bellezze o antiche grandezze, sono i nostri vanti e i nostri pregi. Non ubertosità di campi, che anche in altri luoghi esiste; non opulenza di officine che anche altrove si possono costruire, formano la ricchezza di Trieste. Siamo la città commerciale. Solo in questo lembo di terra sassosa e tormentata dalla bufera, il Mediterraneo si addentra tanto verso l’Europa centrale; solo da noi l’Oriente e l’Oc-cidente, il Mezzogiorno e il Settentrione possono senza viaggi lontani e difficili scambiare le merci e forse le civiltà. Tutto l’Italia può acquistare altrove, ma la chiave della sua espansione verso i Balcani e il Levante può averla solo a Trieste. Potrà vincere altri nemici. Ma anche le più splendide vittorie sentirà ancora l’incubo di questo impero non provato ancora dalla sconfitta, che rifacendo continuamente la tela delle proprie aspirazioni di conquista, da Trieste gli manderà contro i negozianti e i corruttori a Scutari, a Yalona, a Belgrado. Per quanto grande sia l’I- 14